reflusso gastroesofageo: curaPer quanto riguarda la cura della malattia da reflusso gastroesofageo lieve sono di solito raccomandate alcune modificazioni del comportamento alimentare e dello stile di vita.

Regole alimentari e comportamentali utili da seguire

  • Una precauzione molto utile si è dimostrata quella di alzare la testiera del letto di almeno 10-15 cm. in modo da sfruttare la forza di gravità per rendere più difficile agli acidi la risalita dallo stomaco verso l’esofago. Evitare anche di andare a letto prima che siano trascorse almeno 2-3 ore dai pasti. Acquista su Amazon un cuscino cervicale ortopedico.
  • Smettere di fumare: la nicotina provoca ipotonia nella ghiandola esofagea inferiore (LES), aumenta la secrezione dell’acido cloridrico nello stomaco e riduce la salivazione, diminuendo la capacità di rimozione delle impurità dell’esofago. Acquista su Amazon il libro più venduto al mondo e più efficace per smettere di fumare: E’ facile smettere di fumare se sai come farlo.
  • Bere molto: per diluire il materiale acido, rendendolo meno efficace.
  • Non consumare pasti abbondanti. Un pasto abbondante necessita di una produzione maggiore di acido per digerire. Meglio suddividere il fabbisogno giornaliero in piccoli pasti più frequenti consumati durante la giornata.
  • Evitare cibi grassi, fritti e soffritti, cioccolato, caffeina, cibi piccanti, menta, bevande gassate, alcolici, in quanto favoriscono il rilascio dello sfintere esofageo. Agrumi, spezie, cibi a base di pomodoro, cipolla vanno evitati perché la loro acidità irrita la mucosa dell’esofago. Meglio il vino rosso del bianco.
  • Perdere il peso in eccesso. Il calo ponderale riduce la pressione endoaddominale e, di conseguenza, gli episodi di reflusso.
  • Mantenere una buona postura. Stare in piedi o seduti con la schiena diritta riduce la possibilità che il materiale gastrico refluisca nell’esofago.
  • Consumare i pasti lentamente. Masticando i cibi più lentamente si facilità l’attività gastrica di digestione.
  • Latte e yogurt. Il latte, essendo un alimento alcalino, contrasta l’acidità del reflusso. E’ consigliabile il latte scremato, per evitare i grassi e le proteine del latte intero. Anche per lo yogurt vale la stessa accortezza: evitare quello a più alto contenuto di grassi.
  • Ridurre lo stress. Cercare di rallentare i ritmi di vita frenetici. Ritagliarsi degli spazi di silenzio e meditazione per ridurre le tensioni e lo stress accumulati e favorire il proprio benessere psicofisico.

Reflusso gastroesofageo: cura con i farmaci

Obiettivo della terapia farmacologica è di ridurre la secrezione acida nello stomaco. Alcune ricerche dimostrano che mantenendo, attraverso l’assunzione di farmaci appropriati, il livello del ph superiore a 4, la frequenza e l’intensità del bruciore retrosternale e del rigurgito diminuiscono.


I farmaci dimostratisi efficaci sono gli antagonisti dei recettori H2 (che bloccano l’azione dell’istamina sulle cellule parietali dello stomaco) e gli inibitori di pompa protonica (IPP) La comprovata maggior efficacia di questi ultimi sta rendendo quasi privo di significato utilizzare ancora, anche nelle forme lievi, gli antagonisti dei recettori H2.
Gli IPP sono più efficaci in quanto non agiscono, come gli anti-H2, sui recettori di membrana (istamina, gastrina, acetilcolina), ma direttamente a livello della pompa protonica.

Farmaci inibitori della pompa protonica:

  • Omeprazolo, disponibile dal 2002, generalmente in capsule o compresse da 10 mg e da 20 mg.
  • Lansoprazolo (dal 2007), 15 e 30 mg.
  • Pantoprazolo (dal 2009), 20 e 40 mg.
  • Esomepranzolo (dal 2011), 20 e 40 mg.
  • Rabeprazolo sodico (dal 2012), 10 e 20 mg.
  • Ilaprazolo: venduto solo in Asia. E’ nella lista di sostanze da approvare dalla FDA (Food and Drug Administration) e dall’Agenzia Europea per i farmaci.

Vanno presi a stomaco vuoto, 30-60 minuti prima del pasto. E’ importante non masticare o frantumare le compresse. L’efficacia dei vari farmaci è grossomodo equivalente nel ridurre la secrezione gastrica e i sintomi e nel favorire la guarigione dalle eventuali lesioni della mucosa esofagea.

L’efficacia dei procinetici non è stata dimostrata. Ai fini di un sollievo sintomatico possono essere utili gli antiacidi e gli alginati.

Reflusso gastroesofageo: trattamento

  • Pazienti di età inferiore ai 50 anni che presentano sintomi tipici di MRGE insorti recentemente ma non affiancati da manifestazioni cliniche più gravi della malattia quali sanguinamento, disfagia, ecc.:

la terapia consigliata è la somministrazione di IPP a dosi piene per 4-8 settimane. Una volta ottenuta la regressione dei sintomi, il dosaggio si riduce a quello minimo efficace (modalità di somministrazione “stepdown”).
La terapia viene sospesa una volta conseguita la piena remissione dei sintomi. Nel periodo successivo si procede valutando le varie situazioni:

  1. nel caso in cui i sintomi ricompaiano in un breve lasso di tempo e tendano alla persistenza, la terapia procederà con il dosaggio minimo efficace;
  2. nel caso in cui, invece, i sintomi tornino a manifestarsi dopo un periodo abbastanza esteso di ritrovata salute, il trattamento con IPP potrà essere improntato secondo la modalità “a domanda” (si assumerà il farmaco al riapparire dei sintomi e solo fino alla remissione).

Se il paziente non risponde alla cura saranno necessari ulteriori accertamenti diagnostici.

  • Pazienti con età superiore ai 45 anni affetti da MRGE da più di 5 anni che non manifestano sintomi gravi, anche se sottoposti con efficacia a precedenti trattamenti con IPP:

è consigliata un’indagine endoscopica con lo scopo di rilevare la presenza di lesioni esofagee o dell’esofago di Barrett. A seconda dell’esito della diagnosi, si opterà per una diversa terapia:

  1. Nel caso di assenza di lesioni alla mucosa esofagea, si diagnosticherà la NERD (Non Erosive Reflux Disease, Malattia da Reflusso non Erosiva). Il trattamento consisterà nella somministrazione di IPP secondo la modalità “stepdown” (pieno dosaggio fino alla remissione dei sintomi). Nel caso di non efficacia della terapia si potrà procedere ad ulteriori accertamenti attraverso una pH-impedenzometria esofagea delle 24 ore per valutare l’associazione tra sintomi e reflusso acido.
  2. Nel caso di esofagite, il trattamento procederà secondo la gravità così come definita dalla Classificazione di Los Angeles: IPP a dosaggio pieno per 4-8 settimane in presenza di esofagite non grave, IPP a dosaggio pieno per 8-12 settimane nel caso di esofagite grave. A seconda della risposta del paziente alla terapia si deciderà se ripetere la terapia con IPP o se disporre approfondimenti diagnostici.
  3. Se viene rilevato l’esofago di Barrett aumenta la probabilità che si possa sviluppare una displasia e l’adenocarcinoma (anche se il rischio di degenerazione non è alto). Il trattamento dell’esofago di Barrett è lo stesso di quello previsto per l’esofagite, mantenuto però per tutta la vita (anche se non sono state accertate le prove della sua efficacia). In base alla gravità istologica si procederà a un esame endoscopico periodico in tempi più brevi (ogni 6 mesi: maggiore gravità) o più lunghi (ogni 2-3 anni: minore gravità). Nel caso di displasia molto grave, alcuni propongono controlli ogni 3-6 mesi, altri un intervento di esofagectomia.

Nel caso di manifestazioni atipiche di MRGE (asma, raucedine, tosse persistente, dolore toracico non cardiaco, laringite posteriore, ecc.) è consigliabile che i pazienti si sottopongano prima che a una visita gastroenterologica a esami otorinolaringoiatrici, cardiologici, pneumologici, in modo da escludere altre patologie.

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Reflusso gastroesofageo: terapia chirurgica

Grazie all’efficacia dei farmaci che interdicono il reflusso gastrico, si ricorre sempre meno spesso alla terapia chirurgica. Tuttavia in alcuni casi potrebbe rivelarsi un’opzione ancora valida.

Indicazioni per una terapia chirurgica:

  • Refrattarietà alla terapia medica. Probabilmente le cause dei sintomi di questi pazienti non sono ascrivibili al reflusso gastroesofageo, per cui sono consigliabili approfondimenti diagnostici al fine di identificare le reali cause.
  • Scelta del paziente. Alcune persone, per ragioni legate all’età (o ai costi), non se la sentono di seguire un trattamento farmacologico per tutta la vita e optano per la terapia chirurgica.
  • Intolleranza ai farmaci antireflusso.
  • Persistenza del rigurgito. Attraverso la terapia farmacologica si riesce a ottenere una riduzione della produzione acida, ma a volte può permanere un sintomo di rigurgito particolarmente gravoso. In questi casi, può essere preso in considerazione un trattamento chirurgico.
  • Esofago di Barrett. La presenza di tale patologia indica soltanto la possibilità (percentualmente bassa) che possa svilupparsi un adenocarcinoma, dunque l’intervento chirurgico non è contemplato. Intervento che naturalmente sarà preso in considerazione nel caso di evoluzione del cancro (non si utilizzerà in questo caso la chirurgia anti-reflusso, ma quella specifica per il cancro).
  • Complicanze respiratorie. Se le cause gastroesofagee sono confermate e l’accertamento attraverso il pH-impedenzometro evidenzia e convalida il coinvolgimento della zona laringea nella MRGE, può essere presa in considerazione la soluzione chirurgica.

La chirurgia laparotomica è stata quasi completamente soppiantata da quella laparoscopica, che migliora gli aspetti legati sia alla durata dell’ospedalizzazione sia alle complicanze post operatorie. Si pratica effettuando delle piccole incisioni sull’addome, dove vengono inseriti microcamere e altri strumenti.


La tecnica operatoria più utilizzata è la fundoplicatio secondo Nissen, che consiste nell’avvolgere (a 360°) il fondo gastrico attorno all’esofago, a livello sottodiaframmatico. L’intervento mira a ripristinare un funzionamento più corretto dello sfintere esofageo inferiore, per diminuire il reflusso patologico. La degenza post-operatoria non supera i 2-3 giorni e il recupero è rapido.

La remissione sintomatologica è molto alta dopo la laparoscopia (95% a 5 anni dall’intervento). Tra il 5 e il 20% dei pazienti, però, accusa sintomi di diverso tipo (sintomi dispeptici, disfagia per i solidi, flatulenza, senso di distensione addominale) e tra il 20 e il 40% riprende l’uso dei farmaci IPP (in dosi ridotte) 5-10 anni dopo l’intervento.
E’ fondamentale, prima di decidere per la terapia chirurgica, che si sia certi che la sintomatologia riscontrata nel paziente sia attribuibile effettivamente al reflusso.

Trattamento endoscopico della stenosi esofagea

Nel caso di restringimento di un tratto dell’esofago (stenosi) è possibile un intervento per via endoscopica. Utilizzando delle sonde di calibro crescente si può dilatare il tratto ristretto dell’esofago e mantenere eventualmente a lungo tale dilatazione posizionando su quelle zone dei tubicini di plastica o di metallo. Complicanze come la perforazione e l’emorragia si verificano in meno dell’1% dei casi.
In altri casi, per ottenere il ripristino del passaggio lungo l’esofago si può ricorrere al laser.

Terapia endoscopica.

Tecniche endoscopiche per il controllo del reflusso (ablazione mediante radiofrequenza, terapia iniettiva, suture) sono ancora in una fase di sperimentazione.

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