Oliveto intensivo e superintensivo: attualmente la raccolta meccanizzata è legata a due differenti tipi di gestione dell’oliveto che partono dalla scelta del sesto di impianto.
Da un lato, il sistema intensivo tradizionale ha una densità di impianto di circa 300-500 piante/ha (con un sesto di impianto medio di 5mX5m); si avvale di scuotitori da tronco abbinati a teli intercettatori meccanici. Dall’altro, il sistema superintensivo con circa 1200-1600 piante ettaro (con un sesto di 4mX1,5m) utilizza macchine scavallatrici (di solito una vendemmiatrice modificata – tipo New Holland Braud – costo d’acquisto circa 150.000 euro) che lavora in continuo ad una velocità di 1,2 km/ora (2 ore/ha nelle migliori condizioni). Un ulteriore esempio è rappresentato dalla Gregoire G167 presentata l’anno scorso in Puglia.
La gestione e la redditività di un oliveto superintensivo sono legate alla disponibilità di cultivar che devono soddisfare dei requisiti unanimemente riconosciuti fondamentali: ridotta vigoria, portamento compatto, ridotta alternanza di produzione, veloce entrata in produzione (2-3 anno), ma allo stato attuale non si hanno dati certi sull’adattabilità delle cultivar italiane a questo tipo di gestione.
Le cultivar che si adattano a queste densità di impianto sono poche, tra le spagnole: l’Arbequina, Arbosana, più congeniale alle zone del Sud; la Koroneiki, di origine greca, ha buona produzione ma è poco resistente al freddo. In Italia si stanno sperimentando impianti ad alta densità con le nuove cultivar: FS 17, Don Carlo, Urano e Giulia.
Sono in corso ricerche e studi anche in Italia sulle nostre varietà, allo stato attuale senza alcun particolare successo. Giova tuttavia ricordare che, come sottolineato dal Prof. Caruso dell’Università di Palermo, un forte impulso agli impianti intensivi e superintensivi in frutticoltura si ebbe con la selezione di portinnesti nanizzanti, ma in questo campo molto lavoro resta da svolgere nel settore olivicolo. L’efficienza della raccolta con le macchine scavallatrici e la sua stessa convenienza dipendono dalla orografia del territorio e dalle dimensioni aziendali (lunghezza dei filari, numero di manovre da effettuare, tempi di spostamento da un appezzamento all’altro).
Per ciò che riguarda la gestione agronomica di impianto superintensivo vi sono significative differenze con un impianto intensivo tradizionale.
Non indispensabile per il tradizionale, per un impianto superintensivo l’irrigazione risulta essere una scelta obbligata, sia per il maggior volume di terreno esplorato in particolare già dai primi anni, sia per evitare l’instaurarsi del fenomeno dell’alternanza. I volumi per un impianto superintensivo sono nell’ordine di 2000-2500 m3/ha.
Oliveto intensivo e superintensivo: difesa fitosanitaria
La difesa fitosanitaria deve prestare attenzione nel caso di un oliveto superintensivo all’instaurarsi di condizioni microclimatiche che potrebbero favorire quelle patologie legate a elevata umidità dovuta soprattutto all’irrigazione e al maggior ombreggiamento. In Spagna i principali problemi fitosanitari riscontrati sono la rogna, dovuta alle rotture operate dalla macchina scavallatrice, e i marciumi radicali. In media in Spagna su sistemi superintensivi si arriva a circa 6-7 trattamenti all’anno a base di rame e dimetoato.
In Italia, altri patogeni fungini potrebbero alterare gli equilibri vegeto-produttivi delle piante: occhio di pavone, lebbra e verticilliosi. Questa eventualità potrebbe determinare l’aumento del numero di interventi, da effettuare senza perdere di vista la gestione sostenibile del sistema oliveto.
Oliveto intensivo e superintensivo: potatura
La potatura, la cui incidenza sui costi è significativa, può essere ridotta al minimo (nel superintensivo) e consistere unicamente in un passaggio con barre falcianti, tanto sulla cima (l’altezza massima della pianta deve essere di 2,5 metri) quanto sui rami bassi, per poi eseguire tagli manuali selettivi sui rami con diametro superiore ai 3 centimetri che si espandono trasversalmente: potrebbero infatti dare luogo a difficoltà nell’operatività della macchina per la raccolta.
A questo tipo di gestione si affianca la possibilità di un ciclo triennale in cui: al primo anno si effettua il taglio meccanico sui due lati opposti della chioma lungo il filare, al secondo anno non si fa alcun intervento, ad eccezione del taglio basale della chioma, mentre al terzo anno si effettuano tagli manuali di aggiustamento. I cicli triennali di potatura meccanica integrata si susseguono per tre volte, mentre al decimo anno è prevista una potatura di riforma per riprendere successivamente, al secondo anno dall’intervento straordinario, la potatura meccanica che precede serie successive di cicli triennali.
Una gestione di questo tipo è adatta sia a modelli di olivicoltura a media che ad alta densità. In alcuni casi, in assenza di importanti interventi di potatura, che possono avere un’alta incidenza sui costi di produzione complessivi, si assiste, come evidenziato da una ricerca spagnola a una drastica diminuzione della produttività, dovuta essenzialmente all’elevato grado di ombreggiamento tra le piante.
Il suolo viene generalmente lasciato inerbito tra le file mentre è necessario eseguire dei diserbi a cadenza regolare, di solito a base di glifosate, sulla fila.
Oliveto intensivo e superintensivo: durata impianti
Altra significativa differenza riguarda la durata degli impianti: se per un oliveto intensivo tradizionale si stima una durata produttiva minima di 50 anni, per un impianto superintensivo la durata scende ad un massimo di 15-30 anni. La durata degli impianti superintensivi è ancora tuttora in valutazione visto che i primi impianti risalgono agli inizi degli anni novanta e ci sono dati discordanti.
Oliveto intensivo e superintensivo: investimento economico
Infine va ricordato l’importante investimento economico iniziale richiesto da un impianto superintensivo che arriva intorno ai 10.000-12.000 euro/ha. E’ necessario inoltre valutare l’investimento per l’acquisto della macchina scavallatrice (o almeno la sua disponibilità in zona), le dimensioni e l’orografia delle superfici da impiantare, gli sbocchi commerciale per l’olio prodotto.
Fonte: Agronotizie – Autore: Associazione Antesia
Video: Realizzazione oliveto superintensivo (by Azienda Agricola Mezzanotte)
Video: Potatura e raccolta meccanizzata (by Assoprol Umbria)
Oliveto intensivo e superintensivo: intervista
«Con gli attuali costi di produzione, soprattutto di potatura e raccolta, non si può continuare a piantare olivi per raccoglierli con scuotitori, reti e decine di operai. L’olivicoltura intensiva ha fatto il suo tempo: mantenere gli impianti già esistenti e produttivi è accettabile, ma realizzarne altri è ormai impensabile. Progredire significa agire diversamente dal passato. Ecco perché noi, per fronteggiare le difficoltà di produzione e di mercato, abbiamo impiantato nuovi oliveti secondo criteri agronomici superintensivi, volti alla loro completa meccanizzazione».
Per l’azienda agricola Di Pietro di Andria, che comprende 284 ha a olivo, dei quali 250 coltivati in modo intensivo e 34 in modo superintensivo, la scelta dell’olivicoltura superintensiva, con 34 ha impiantati negli ultimi anni, non ha escluso la storica coltivazione intensiva aziendale.
Anzi, dichiara Alfonso Di Pietro, che ne è il titolare insieme con il padre Riccardo e il fratello Nicola, «le due olivicolture convivono proficuamente. I 250 ha di oliveto intensivo sono coltivati a olivi secolari di Coratina con sesto iniziale 12 x 12 m, che noi abbiamo diminuito a 6 x 6 m. I 34 ha a superintensivo sono così suddivisi: 1 ha impiantato nel 2003 dai precedenti proprietari, e poi da noi comprato, ad Arbequina, con sesto 4 x 1,5 m; il nostro primo impianto, 23 ha realizzati a settembre 2013 ad Arbequina con sesto 4 x 1,4 m; 6 ha a Frantoio, a ottobre 2014, con sesto 4 x 1,4 m; infine 4 ha di Arbosana, a luglio 2015, con sesto 4 x 1,2 m. E stiamo già pensando di ampliare ulteriormente la superficie destinata al superintensivo».
Per i Di Pietro la scelta del superintensivo è stata rapida e definitiva, «perché, se è vero che sarebbe un delitto buttare giù vecchi alberi di Coratina che ogni anno si caricano di olive, è altrettanto vero che non si possono buttare soldi in nuovi impianti intensivi. Quando ci siamo rivolti a vivaisti spagnoli per comprare le piantine autoradicate di olivo, avevamo le idee già chiare. I vivaisti credevano che volessimo realizzare un impianto prova di un ettaro, come fa in genere chi si avvicina al modello superintensivo, perciò si sono meravigliati davanti al nostro progetto di impiantare subito un oliveto di 23 ha!
Per noi il superintensivo non è il ripiego di chi ha fallito con l’intensivo, ma una scelta che risponde alla volontà di rendere eccellenti i risultati già ottimi raggiunti con gli oliveti intensivi. Tanto è vero che non abbiamo mai avuto intenzione di abbattere gli olivi di Coratina allevati in maniera intensiva, ciascuno dei quali produce in media ogni anno 2 q di olive!».
Fonte: Nova Agricoltura
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