Causa dei linfomi (tumori cellulari) è l’aumento eccessivo di alcune cellule del sistema immunitario: i linfociti. Tra i numerosi tipi di linfomi identificati, due sono le categorie principali: linfoma di Hodgkin (HL) e linfoma non-Hodgkin (90% dei casi).
I linfomi di Hodgkin colpiscono con la stessa probabilità giovani e anziani, mentre quelli non-Hodgkin attaccano di più le persone di età avanzata.
I trattamenti attuali consentono un’alta percentuale di guarigione (80-90%) dei soggetti colpiti da linfoma di Hodgkin; anche nel caso di linfomi non-Hodgkin, le terapie odierne sono molto efficaci (70-80%).
In base alla loro aggressività, possiamo classificare i linfomi non-Hodgkin come aggressivi o indolenti; i primi si sviluppano più rapidamente e sono sottoposti a terapie più intensive.
Fattori di rischio
Molto spesso la causa dell’insorgere di un linfoma è sconosciuta, esistono però alcuni fattori di rischio:
- infezioni da parte di virus: virus di Epstein-Barr, HIV, HTLV-1 (leucemia/linfoma dell’adulto a cellule T);
- infezioni da parte di batteri: Helicobacter Pylori, Chlamydia Psittaci;
- malattie autoimmuni: sindrome di Sjogren, tiroidite di Hashimoto, ecc.;
- altre neoplasie;
- esposizione ad agenti ambientali (raramente): pesticidi, farmaci chemioterapici, radiazioni, ecc.
Sintomi
Spesso, il linfoma si manifesta con l’ingrossamento di uno o più linfonodi superficiali. Se al tocco, il linfonodo duole e successivamente riacquista le sue normali dimensioni, si tratta probabilmente di un’infiammazione o di un’infezione; se invece le dimensioni accresciute persistono e non si avverte dolore al tocco, potrebbe trattarsi della patologia che stiamo esaminando.
Se il linfonodo è situato in profondità, la patologia potrebbe essere asintomatica, oppure manifestarsi con segnali sistemici quali perdita di peso, febbre, sudorazione notturna (sintomi generati dal rilascio di sostanze infiammatorie da parte delle cellule neoplastiche; più comuni nei linfomi aggressivi).
Altri sintomi che possono essere causati dai linfomi sono: ingrossamento di fegato o milza, prurito fastidioso, perdita di appetito, dispnea, insufficienza respiratoria.
Classificazione
Linfoma di Hodgkin
Questo tipo di linfoma si sviluppa sempre a causa della trasformazione di linfociti di tipo B. Riconosciamo due sottotipi: il classico e quello a predominanza linfocitaria nodulare.
Linfomi non-Hodgkin
Più del 90% dei linfomi appartiene a questo gruppo. Si può sviluppare sia a causa della trasformazione di cellule B sia di cellule T. Si suddividono, in base alla loro minore o maggiore aggressività, in indolenti e aggressivi (dallo sviluppo più rapido; richiedono terapie più intensive).
Tra i principiali sottotipi di linfoma non-Hodgkin troviamo: linfoma follicolare, linfoma mantellare, linfoma B diffuso a grandi cellule (aggressivo, nel 50% dei casi coinvolge altri tessuti), linfoma linfocitico (indolente), linfoma della zona marginale estranodale tipo MALT (indolente, coinvolge organi diversi dai linfonodi, spesso lo stomaco).
Stadiazione
La stadiazione è essenziale perché determina la crescita della neoplasia, che fornisce informazioni circa la scelta della terapia più idonea e aiuta a formulare una prognosi.
Stadiazione clinica
- Stadio I: la patologia coinvolge solo un gruppo di linfonodi adiacenti tra loro.
- Stadio II: la malattia interessa due o più distretti linfonodali situati sullo stesso lato del diaframma (muscolo che divide l’addome dal torace).
- Stadio III: la patologia riguarda linfonodi situati in entrambi i lati del diaframma.
- Stadio IV: la patologia si è estesa anche ad altri organi, diversi dai linfonodi (fegato, midollo osseo, ecc.).
Diagnosi
Se si osserva l’ingrossamento di uno o più linfonodi, si procederà a un esame bioptico, che consiste nell’asportazione e nell’analisi al microscopio del linfonodo ingrossato. L’identificazione del sottotipo istologico permetterà di orientarsi sia nella scelta del trattamento più adatto sia nell’evoluzione che il cancro potrà seguire.
Confermata la diagnosi, si procederà a stabilire l’estensione della neoplasia. Gli esami più frequenti effettuati per ottenere questo risultato sono:
- esami specifici: diversi per ogni particolare distretto da indagare (ad esempio, gastroscopia o colonscopia per i linfomi che si sviluppano nell’apparato gastrointestinale);
- prelievo di frammenti di midollo osseo: per scoprire se cellule neoplastiche sono presenti in questo organo;
- TAC: consente di individuare eventuali linfonodi ingrossati in profondità;
- risonanza magnetica: utilizzata solo in casi particolari (ad esempio, per i linfomi situati nell’encefalo);
- radiografia del torace;
- PET: individua le cellule che presentano un metabolismo accelerato (i risultati vanno interpretati con attenzione, perché anche altre cellule possono risultare positive).
- esami del sangue: aiutano a definire meglio le caratteristiche del linfoma.
Ripetendo tutti gli esami al termine del trattamento, se ne verificherà l’efficacia.
Trattamento
Prognosi e terapie dipendono sia dal tipo di linfoma (Hodgkin o non-Hodgkin) sia dalla sua rapidità di espansione.
Linfomi a basso grado
Molti tra questi tipi di neoplasie non manifestano alcun segno per molto tempo. La scelta più appropriata è quella dell’osservazione senza intervento (che potrebbe produrre più danni che benefici). Se il linfoma a basso grado si manifesta con dei sintomi, il trattamento standard è la radioterapia o la chemioterapia, che possono attenuare i sintomi. Con questa tipologia di linfoma, la patologia è incurabile, ma le aspettative di vita dei soggetti che ne sono affetti sono quasi normali.
Linfomi ad alto grado
Quasi sempre, la terapia impiegata per contrastare queste forme più aggressive di linfoma conduce a una guarigione completa. Di solito, il trattamento scelto è la chemioterapia aggressiva. Se ben localizzato, per il linfoma di Hodgkin di solito viene utilizzata soltanto la radioterapia (chemioterapia più radioterapia, in caso di linfoma di Hodgkin in fase avanzata).
Radioimmunoterapia
Lo sviluppo degli anticorpi monoclonali (rituximab) e di nuove molecole biologiche (lenalidomide, ibrutinib, idelalisib) ha rivoluzionato l’approccio terapeutico. Questi agenti riescono a colpire nel dettaglio esclusivamente la cellula tumorale, risparmiando i tessuti sani adiacenti.
I livelli di radioattività presenti nel paziente una volta dimesso (il trattamento è in regime di Day Hospital) sono molto bassi. Sarà sufficiente fare attenzione durante la prima settimana a casa ad evitare il contatto tra i propri liquidi biologici e le altre persone.
Trapianto
Nel trattamento dei linfomi può essere utilizzato anche il trapianto di cellule staminali emopoietiche, in special modo in caso di recidiva o di risposta negativa al trattamento di prima linea. La procedura consiste in una chemioterapia molto intensa a cui segue una reinfusione di cellule staminali prelevate in precedenza dal sangue o dal midollo. Se le cellule reintrodotte appartengono al paziente stesso, si parla di trapianto autologo, se il donatore è un altro, di trapianto allogenico (meno frequente).
Prognosi
Sopravvivenza a 5 anni:
- Linfoma localizzato (confinato nel sito primario): 82%
- Regionale (diffuso ai linfonodi regionali): 77,5%
- Distale (il tumore metastizzato): 60%
- Sconosciuto (non stadiato): 67,5%)
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