Tumore alla prostata: la prostata è una ghiandola a forma di castagna situata sotto la vescica dell’uomo, davanti al retto, e circonda la porzione iniziale dell’uretra (condotto che collega la vescica con l’esterno).
La prostata partecipa al meccanismo dell’eiaculazione, secernendo la parte maggiore del liquido seminale.
Il tumore alla prostata più frequente è l’adenocarcinoma, che consiste nella crescita incontrollata di alcune cellule ghiandolari che acquisiscono la capacità di infiltrare e di invadere le strutture e gli organi contigui e, attraverso il sistema linfatico e sanguigno, raggiungere organi distanti (metastasi).
Oltre all’adenocarcinoma, nella prostata si possono trovare in rari casi anche sarcomi, carcinomi a piccole cellule e carcinomi a cellule di transizione.
Molto più comuni sono invece le patologie benigne che colpiscono la prostata, soprattutto dopo i 50 anni, e che talvolta provocano sintomi che potrebbero essere confusi con quelli del tumore. Nell’iperplasia prostatica benigna la porzione centrale della prostata si ingrossa e la crescita eccessiva di questo tessuto comprime l’uretra, canale che trasporta l’urina dalla vescica all’esterno attraversando la prostata che, compressa, crea problemi nel passaggio dell’urina.
Tumore alla prostata: incidenza
Il tumore della prostata è una delle patologie più frequenti nel sesso maschile: rappresenta circa il 15% di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo e raramente si manifesta al di sotto dei 45 anni.
L’incidenza, cioè il numero di nuovi casi registrati in un dato periodo di tempo, è in continua crescita, con un raddoppio negli ultimi 10 anni, dovuto all’aumento dell’età media della popolazione e all’introduzione dell’esame del PSA (Antigene prostatico specifico). Al contrario dell’aumento della incidenza, la mortalità è in costante riduzione a conferma del ruolo decisivo giocato dalla diagnosi precoce attraverso lo screening spontaneo con il dosaggio del PSA e la visita urologica.
Tumore alla prostata: fattori di rischio
Le cause specifiche del tumore alla prostata rimangono ancora sconosciute. I principali fattori di rischio sono l’ereditarietà e la razza. Gli individui di razza africana hanno una probabilità del 61% maggiore rispetto a quelli di razza caucasica di sviluppare un tumore alla prostata ed hanno un rischio di morire di questa malattia quasi 2 volte e mezzo superiore. Gli uomini che hanno un parente di primo grado (padre, fratello o figlio) con una storia di tumore alla prostata hanno una probabilità due volte superiore di sviluppare questa patologia, mentre per quelli con due o più parenti questo rischio si quadruplica.
Il rischio è ancora maggiore se i familiari affetti ricevono la diagnosi in giovane età. Anche se la genetica riveste un ruolo fondamentale, anche fattori sociali ed ambientali, come la dieta e lo stile di vita hanno la loro importanza.
Infatti, studi recenti hanno dimostrato che la modifica della dieta può diminuire sia l’incidenza che rallentare la progressione del tumore alla prostata. Una dieta ricca di grassi (ricca di latticini e carni rosse e povera di frutta fresca e verdure) e l’obesità sembrano comportare un incremento dell’incidenza. L’azione sfavorevole dei grassi è da collegarsi a un aumento della produzione del testosterone e a una diminuzione dell’assorbimento della vitamina A.
Anche deficit nella dieta della vitamina D e selenio e un consumo elevato di calcio sono stati associati a una maggiore incidenza di tumore alla prostata.
Pomodori e prodotti a base di pomodoro potrebbero aiutare a proteggersi dal cancro alla prostata. Infatti i pomodori contengono una sostanza chiamata lycopene, in grado di ridurre i livelli di IGF-1 nel sangue, proteina che stimola la crescita delle cellule del cancro pancreatico.
Fattori di rischio possibili ma non ben accertati sono una vita sedentaria e l’inquinamento.
Da ultimo, sono in costante aumento gli studi che stabiliscono una correlazione tra la malattia e l’infiammazione cronica o ricorrente della prostata.
Assolutamente falsa è anche l’ipotesi che una intensa vita sessuale e l’avere frequenti eiaculazioni possano aumentare il rischio di tumore alla prostata. Al contrario, alcuni studi hanno dimostrato che una vita sessuale intensa abbia invece un ruolo protettivo.
Tumore alla prostata: diagnosi
È indispensabile recarsi dal medico di famiglia in presenza di uno qualunque dei seguenti sintomi:
- diminuzione o ostruzione del flusso di urina;
- minzione frequente (soprattutto di notte);
- difficoltà nella minzione, accompagnata spesso da dolore o bruciore;
- presenza di sangue nelle urine;
- dolore persistente a schiena o bacino.
Spesso negli stadi iniziali della malattia non si manifestano sintomi.
In caso di visita urologica, il medico può eseguire un’esplorazione rettale. Egli può anche richiedere un’ecografia, e se rileva delle anomalie, il medico può decidere di eseguire una biopsia (o agoaspirato), di solito inserendo un ago nella prostata attraverso il retto oppure nel perineo.
Altri test per la diagnosi della malattia: test del PSA, esame del sangue che consente di misurare il livello dell’antigene prostatico specifico (PSA), Ecografia transrettale (TRUS), Scintigrafia Ossea,Tomografia Computerizzata (TC), Risonanza magnetica (RM), Tomografia ad emissione di positroni (PET-TC).
Tumore alla prostata: sintomi e segnali
Nelle sue fasi iniziali, il tumore della prostata è asintomatico e viene diagnosticato in seguito alla visita urologica, che comporta esplorazione rettale, o controllo del PSA, con un prelievo del sangue.
Quando la massa tumorale cresce, dà origine a sintomi urinari: difficoltà a urinare (in particolare a iniziare) o bisogno di urinare spesso, dolore quando si urina, sangue nelle urine o nello sperma, sensazione di non riuscire a urinare in modo completo.
Spesso i sintomi urinari sopradescritti possono essere legati a problemi prostatici di tipo benigno come l’ipertrofia: in ogni caso è utile rivolgersi al proprio medico e\o allo specialista urologo che sarà in grado di decidere se sono necessari ulteriori esami di approfondimento.
Tumore alla prostata: stadiazione
Lo stadio descrive le dimensioni del tumore e la sua eventuale diffusione al di fuori dell’area del corpo originale. Il grado si riferisce all’aspetto delle cellule tumorali quando il campione della biopsia viene osservato al microscopio e dà un’idea della velocità con la quale si sviluppa un cancro.
Conoscere lo stadio del cancro e il grado aiuta i medici a decidere i trattamenti più appropriati. Ci sono alcuni sistemi che classificano gli stadi, uno è descritto di seguito:
- T1: Il tumore è circoscritto alla prostata ed è troppo piccolo per essere individuato con l’esplorazione rettale, ma può essere diagnosticato mediante il test del PSA, la biopsia o il TURP. Generalmente si tratta di un tumore asintomatico.
- T2: Il tumore è circoscritto alla prostata ma è sufficientemente voluminoso da essere individuato durante l’esplorazione rettale o l’ecografia. Si tratta di un tumore spesso asintomatico.
- T3/T4: Il tumore si è diffuso oltre la prostata e ha invaso i tessuti circostanti.
I tumori T1 e T2 sono conosciuti come cancro prostatico localizzato (anche definiti cancro prostatico iniziale).
I tumori T3 e T4 sono conosciuti come cancro prostatico localmente avanzato.
Se i linfonodi, le ossa o altri parti del corpo sono affetti, il tumore si definisce metastatico, oppure cancro prostatico secondario, o ancora cancro prostatico avanzato.
Tumore alla prostata: trattamento
La LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori) fornisce queste informazioni riguardo il trattamento del tumore alla prostata.
Definito lo stadio della malattia si pone la scelta del trattamento, sulla base di:
- l’età del paziente;
- l’estensione della malattia;
- le eventuali malattie concomitanti.
Le opzioni terapeutiche sono:
- Sorveglianza attiva
- Attesa sorvegliata
- Chirurgia
- Radioterapia
- Terapia ormonale
- Combinazione delle precedenti terapie
Sorveglianza attiva
Si usa nel caso di uomini giovani e in forma che si trovano allo stadio iniziale del cancro. Significa sottoporsi a regolari analisi del PSA (e regolari biopsie della prostata) per vedere se il cancro ha iniziato a crescere. L’obiettivo è quello di monitorare questi individui di modo da essere in grado di offrire, a coloro il cui cancro peggiora, delle terapie che contrastino il suo sviluppo e che magari li portino a guarire.
Uomini che hanno un cancro che non cresce e non si sviluppa, possono essere monitorati in modo sicuro. La sorveglianza attiva permette di offrire trattamenti chirurgici o di radioterapia a pazienti che ne hanno davvero bisogno.
Attesa sorvegliata
Si ha quando il test del PSA viene usato per monitorare uomini più vecchi o che hanno altri problemi di salute di una certa importanza che non gli permettono di essere operati o sottoposti a radioterapia. Se lo sviluppo dei sintomi è legato allo sviluppo del cancro, medicine e trattamenti sono utili per controllare i sintomi ma non servirebbero a curare la malattia. Spesso il cancro alla prostata cresce molto lentamente e non crea problemi durante il ciclo di vita di una persona.
Chirurgia
La prostatectomia radicale rappresenta la terapia d’elezione del carcinoma prostatico in fase locale (la malattia deve essere confinata alla prostata) e consiste nell’asportazione completa della ghiandola. Dopo la chirurgia, il PSA sierico non dovrebbe essere più dosabile e la persistenza di livelli dosabili di PSA è indice dell’esistenza di un residuo di malattia. La ricomparsa di quantità dosabili di PSA nel sangue è un segnale di ripresa della malattia.
La prostatectomia radicale per i tumori confinati alla ghiandola consente la guarigione in un’elevata percentuale dei pazienti. Tra le possibili complicanze della prostatectomia radicale vi sono l’incontinenza (incapacità a trattenere le urine) e l’impotenza. L’incidenza di tali complicanze varia nelle diverse casistiche fino al 10% circa ed è minore utilizzando tecniche chirurgiche avanzate, che prevedono la preservazione dei plessi nervosi adiacenti la prostata (tecnica “nerve sparing”).
Radioterapia
La radioterapia rappresenta una valida alternativa alla rimozione chirurgica dell’intera ghiandola nei casi in cui la chirurgia non sia fattibile (ad esempio per l’età avanzata o altre malattie concomitanti, per desiderio del malato o per grado di diffusione della malattia non curabile chirurgicamente).
La radioterapia è attualmente utilizzata con due modalità: radioterapia esterna e radioterapia interstiziale.
L’utilizzo della radioterapia esterna, definita “conformazionale”, permette di colpire con maggior efficacia terapeutica il tumore risparmiando i tessuti normali.
La metodica, definita “radioterapia interstiziale” o “brachiterapia”, consiste nell’inserimento all’interno della prostata di “semi radioattivi” (palladio o iodio 131). Lo scopo è di ridurre alcuni effetti collaterali indesiderati che possono seguire la radioterapia esterna.
Terapia ormonale
Il trattamento con farmaci che sopprimono la produzione degli ormoni maschili o che ne impediscono l’azione sulla prostata, viene utilizzato prevalentemente per i pazienti non candidabili alla chirurgia.
L’utilizzo di antiandrogeni e LHRH-Analoghi garantiscono un adeguato blocco della produzione del testosterone. Questa classe di farmaci si accompagna a effetti collaterali quali calo della libido, impotenza e vampate di calore.
Anche se i tumori della prostata rispondono inizialmente all’ormonoterapia, una significativa percentuale di essi sviluppa, in tempi variabili, una progressiva resistenza al trattamento ed è necessario un trattamento chemioterapico.
Combinazione delle precedenti terapie
A volte le opzioni terapeutiche sono usate in concomitanza o in aggiunta ad altre cure. Infine, proprio perché spesse volte il carcinoma prostatico evolve con estrema indolenza e colpisce individui in età molto avanzata, in genere portatori di importanti altre patologie, in casi selezionati esiste la possibilità di attuare una strategia di osservazione e attesa
Tumore alla prostata: dopo il trattamento
La terapia, come ogni trattamento antitumorale, può generare effetti collaterali a breve e a lungo termine. E’ bene quindi, prima di compiere una scelta in tal senso, vi informiate attentamente sui pro e i contro del trattamento.
Funzione sessuale
In momenti di particolare stress emotivo e/o fisico, come accade di fronte alla diagnosi di tumore o durante i trattamenti oncologici, è possibile che si perda interesse per il sesso e che il desiderio sessuale (libido) diminuisca. Questa condizione, però, è reversibile e potrà risolversi non appena vi sentirete meglio. In alcuni casi la disfunzione erettile può non essere definitiva e dunque può migliorare col tempo ricorrendo a una ‘riabilitazione/terapia della funzione sessuale’ basata sulla somministrazione di farmaci specifici e sul supporto psico-sessuologico individuale o di coppia.
L’urologo-andrologo potrà prescrivere farmaci per la disfunzione erettile da assumere in compresse prima del rapporto sessuale, attenendosi scrupolosamente ai tempi e alle dosi indicate.
Infertilità
Alcuni dei trattamenti per il cancro della prostata possono comportare il rischio di sterilità, il che vuol dire che non si ha più la possibilità di procreare per l’assenza di cellule germinali o per la presenza di alterazioni a loro carico, con conseguenti effetti sulla funzione degli spermatozoi. È importante che discutiate il rischio di sterilità col vostro medico prima di iniziare il trattamento e, se lo riterrete opportuno, chiedete informazioni per l’eventuale crioconservazione del seme.
Incontinenza urinaria
Perdere il controllo della vescica può essere una conseguenza della malattia in sé o del trattamento. L’incontinenza urinaria si può attenuare e risolvere gradualmente eseguendo esercizi specifici di fisioterapia mirati al recupero della capacità di trattenere l’urina in vescica.
Tumore alla prostata: prevenzione
Non esiste prevenzione primaria specifica per questo tipo di carcinoma. Esistono però alcune regole comportamentali che possono essere di aiuto: incrementare il consumo di frutta, verdura e cereali integrali e ridurre quello di carne rossa, soprattutto se grassa o troppo cotta, e di cibi ricchi di grassi insaturi.
Utile è anche l’attività fisica regolare e mantenere il proprio peso nella norma.
Come prevenzione secondaria, è opportuno recarsi da medico per una visita urologica circa ogni anno se sono presenti fastidi urinari o se si ha familiarità con questa patologia.
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