Disturbo bipolare IIIl disturbo bipolare II si situa al confine tra il disturbo bipolare I e la depressione maggiore. Analogamente a quanto si verifica nel disturbo depressivo maggiore, ricorrono gravi episodi di abbassamento del tono dell’umore, cui si aggiungono episodi di lieve innalzamento del tono dell’umore chiamati ipomaniacali.

Gli episodi ipomaniacali, sicuramente meno gravi di quelli maniacali (presenti nel bipolare I), non devono indurre a considerare questo disturbo come una variante benigna del primo: anche in tal caso, infatti, il rischio di suicidio non è trascurabile e l’episodio depressivo può essere di estrema gravità.

Secondo il DSM 5, Per la diagnosi di disturbo bipolare II devono essere soddisfatti i criteri per un attuale o pregresso episodio ipomaniacale e i criteri per un attuale o pregresso episodio depressivo maggiore.

Non deve essere mai avvenuto un episodio maniacale (la diagnosi sarebbe di disturbo bipolare I); gli episodi ipomaniacali e depressivi non devono essere meglio spiegati da disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici; i sintomi della depressione oppure l’imprevedibilità generati dall’alternanza tra periodi di depressione e di ipomania causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.

Episodio ipomaniacale (criteri DSM 5)

A. Un periodo definito di umore anormalmente e persistentemente elevato, espanso o irritabile e aumento e persistente dell’attività o dell’energia, della durata di almeno 4 giorni consecutivi e presente per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni.


B. Durante il periodo di alterazione dell’umore e di aumento di energia o attività, tre (o più) dei seguenti sintomi (quattro, se l’umore è solo irritabile) sono stati presenti, rappresentano un cambiamento evidente rispetto al comportamento abituale e si manifestano a un livello significativo:

  1. Autostima ipertrofica o grandiosità.
  2. Diminuito bisogno di sonno (per es., sentirsi riposati/e dopo solo 3 ore di sonno).
  3. Maggiore loquacità del solito o spinta continua a parlare.
  4. Fuga delle idee o esperienza soggettiva che i pensieri si succedano rapidamente.
  5. Distraibilità (cioè attenzione troppo facilmente deviata da stimoli esterni non importanti o non pertinenti), come riferita o osservata.
  6. Aumento dell’attività finalizzata (sociale, lavorativa, scolastica o sessuale) o agitazione psicomotoria.
  7. Eccessivo coinvolgimento in attività che hanno un alto potenziale di conseguenze dannose (per es., acquisti incontrollati, comportamenti sessuali sconvenienti o investimenti finanziari avventati).

C. L’episodio è associato a un cambiamento inequivocabile nel funzionamento, che non è caratteristico dell’individuo quando è asintomatico.

D. L’alterazione dell’umore e il cambiamento nel funzionamento sono osservabili da altri.

E. L’episodio non è sufficientemente grave da causare una marcata compromissione del funzionamento sociale o lavorativo, o da richiedere l’ospedalizzazione. Se sono presenti manifestazioni psicotiche, l’episodio è, per definizione, maniacale.

F. L’episodio non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (per es., sostanza di abuso, un farmaco, un altro trattamento).

Episodio depressivo maggiore

Criteri per un episodio depressivo maggiore

Disturbo Bipolare di tipo II

Nonostante le forme bipolari di tipo II siano tra le più frequenti nell’ambito dei disturbi dell’umore, sono state studiate poco, spesso non sono diagnosticate tempestivamente e di solito non sono ben gestite anche sul pianto terapeutico.

Ogni giorno milioni di persone prendono antidepressivi, prescritti spesso dal medico di famiglia che ha una limitata esperienza in ambito psichiatrico e sicuramente troppo poco tempo per fare un’anamnesi psichiatrica completa. Raramente viene indagato quell’aspetto di primaria importanza che è la tendenza, nel paziente o in qualcuno della sua famiglia, alle oscillazioni bipolari dell’umore.


Gli antidepressivi possono peggiorare seriamente la condizione di chi è incline al disturbo bipolare, favorendo il viraggio da depressione a mania e innescando cicli rapidi. Chi tende al disturbo bipolare non deve assumere antidepressivi, a meno che non siano associati a uno stabilizzatore dell’umore e sotto stretto controllo medico specialistico.

Una gran parte della mancata diagnosi di disturbo bipolare Tipo II è riconducibile alle difficoltà di riconoscimento delle fasi espansive attenuate, ipomaniacali.

Poiché nell’ipomania non si riscontrano manifestazioni psicotiche e grave agitazione psicomotoria, il disturbo si manifesta prevalentemente con modificazioni comportamentali, potendosi così porre problemi di diagnosi differenziale con i disturbi di personalità (in particolare con il “borderline”). Infatti, aspetti negativi quali l’impulsività, l’aggressività, l’instabilità geografica, lavorativa, sentimentale, la tendenza alla promiscuità sessuale e all’uso di sostanze stupefacenti (il lato “oscuro” dell’ipomania), possono erroneamente orientare verso una diagnosi di disturbo di personalità, con notevoli conseguenze sul piano sia dell’approccio terapeutico che di prognosi.

Diagnosticare correttamente episodi di ipomania è vitale: il trattamento idoneo può prevenire forme più gravi di disturbo bipolare ed evitare alla persona anni di vita problematica e sofferente.

Disturbo Bipolare II: ipomania

Ci sono alcuni aspetti positivi di cui si gode grazie all’ipomania: il tono dell’umore aumenta, portando con sé maggiore energia, eccitazione, ottimismo, socievolezza, autoaffermazione, e senza rischiare le gravi conseguenze della mania.
Sicurezza e fiducia in se stessi sono inconsuetamente forti, ma senza sfociare nella grandiosità; l’eloquio è più fluido, ma non al punto di rendere impossibile una conversazione; si rende di più al lavoro, a scuola o a casa, ma senza che questo generi ansietà o stanchezza. Un episodio ipomaniacale può durare giorni, settimane o mesi.

Esiste però il rovescio della medaglia: chiari segnali che fanno temere la possibilità che l’ipomania possa convertirsi prima o poi in mania. Voi vi sentite alla grande, ma gli altri trovano spiacevole il vostro atteggiamento imprevedibile; la vostra capacità di giudizio è intaccata: una scelta connotata da acutezza e genialità si rivela un errore grossolano; siete estremamente suscettibili, irritabili e intolleranti per giorni e giorni, reagite con nervosismo per ogni lieve frustrazione; l’iperattività si accompagna ad insonnia.

Poi arriva la caduta in basso dell’umore: è come per i postumi di una sbornia, e si cade pesantemente in depressione. Un aspetto allarmante è che i pazienti sono spinti a ricercare gli episodi ipomaniacali a tutti i costi; interrompono l’assunzione degli stabilizzatori dell’umore compromettendone anche l’efficacia: infatti, un medicinale dimostratosi efficace in passato può, per ragioni ancora sconosciute, perdere i suoi effetti positivi se assunto in modo discontinuo.

E’ facile non riconoscere l’ipomania: bisogna fare attenzione alle più lievi oscillazioni verso l’alto del tono dell’umore, anche se hanno portato solo benessere e mai problemi. Assicuratevi di aver valutato con attenzione ogni momento, seppur breve, di particolare benessere, di irritabilità, di energia, di attività o di diminuito bisogno di sonno.

Disturbo Bipolare II: prevalenza

La prevalenza a 12 mesi del disturbo bipolare II, a livello internazionale, è dello 0,3%. Negli Stati Uniti, dello 0,8.

Disturbo Bipolare II: sviluppo e decorso

L’età media di esordio è intorno ai 25 anni, poco più tardi rispetto al disturbo bipolare II ma prima del disturbo depressivo maggiore. Spesso la patologia inizia con un episodio depressivo e non viene identificata correttamente finché non si verifica un episodio ipomaniacale.
A complicare la diagnosi, anche disturbi d’ansia, da uso di sostanze o dell’alimentazione possono precedere il manifestarsi degli episodi depressivi e ipomaniacali.

Gli episodi depressivi sono più duraturi e invalidanti di quelli ipomaniacali. Una volta che si è verificato un episodio ipomaniacale, la diagnosi diventa di disturbo bipolare II e non si riconverte mai in disturbo depressivo maggiore.

Disturbo Bipolare II: fattori di rischio e prognosi

Il fattore genetico è più accentuato nel disturbo bipolare II che nel bipolare I o nel disturbo depressivo maggiore.

Un modello di disturbo a cicli rapidi implica una prognosi peggiore. Una prognosi migliore è associata a individui più giovani e con depressione meno grave.

Disturbo Bipolare II: trattamento

Disturbo bipolare: trattamento

Roberto Gentile (contatti)

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