Realtà ed Essenza abitano il presentePassato e futuro non esistono, tutto avviene nel momento presente, dunque è solo nel qui e ora che possiamo riallinearci con il nostro Sé autentico. Tutte le forme di disagio e sofferenza psichici hanno un denominatore comune: in una certa misura, si è perso il contatto con il presente, con la realtà, con il nostro “centro”. E’ solo una questione di grado; nel continuum che unisce salute mentale, nevrosi e psicosi, più ci si allontana dalla realtà, dal presente, dal nostro vero sé, più ci si perde nei labirinti della realtà illusoria della mente…

La pratica di consapevolezza del presente è una via maestra per liberarci dalla rete vischiosa dell’ego e della mente e per riportarci a contatto con la chiarezza e la gioia della nostra Essenza.

Attraverso una pratica costante di consapevolezza, riconquistiamo il potere sulla nostra vita che l’ego ci ha subdolamente usurpato. La mente torna ad essere uno strumento nelle nostre mani e non più noi un burattino nelle sue…

Mary Hoffer: “È di fondamentale importanza cercare più volte al giorno uno spazio contemplativo che ci consenta di ”fare il salto” dalla periferia al centro del nostro essere ed entrare in uno stato di consapevolezza rilassata, in cui possiamo essere testimoni di noi stessi e ritrovare la profondità dell’esistenza. Riuscirci e farlo diventare un modo naturale di stare nel mondo non è difficile.

Stai camminando verso la tua macchina, oppure sei in treno o in un negozio o dove vuoi. Per trasformare questa azione in uno momento contemplativo, ti basta farla con totale consapevolezza. Questo vuol dire non essere fagocitato dai pensieri sul dove andrai una volta salito in auto o su cosa comprerai da mangiare in negozio.
Rimani presente nel tuo camminare e basta, consapevole delle persone che ti circondano, dei suoni, dei movimenti, dei colori e degli odori, senza che questo comporti alcun giudizio, con un atteggiamento come questo: “Così è l’istante che sto vivendo e non è né bene né male».

Questo tipo di osservazione interiore “distesa”, man mano che diventa un abituale modo di essere, accorcia la distanza tra la mente “pesante”, intasata di opinioni a senso unico, e la mente sottile, capace di trovare risposte impensabili in tempi rapidissimi. Hai un problema? Al posto di arrovellarti cerca il tuo spazio contemplativo. Stai soffrendo? Invece di torturarti o cercar conforto, sii attento testimone al tuo dolore. Impegnati a farlo, più volte che puoi. Ti sorprenderai di quanto osservarti in modo disteso ti farà “saltare” la tappa dei labirinti mentali di sempre per portarti nell’immediato.

Puoi farlo sempre, anche mentre compi le azioni più semplici, per esempio mentre stai leggendo un libro o cucinando. Non devi nemmeno chiudere gli occhi: fermati un istante e diventa consapevole del tuo respiro. Non ne stai modificando il ritmo, lo stai semplicemente osservando. Così come non lo stai giudicando, non stai pensando ad esso: sei solo testimone di te stesso nell’istante che vivi. E così, da nulla, rigeneri l’energia della vita dentro di te…”

Thich Nhat Hanh: “… spezzo il pane, odoro il profumo e ne sento la fragranza, lo mordo e lo mastico dimorando nel momento presente. Sento che il pane ha un sapore molto buono, non lo mastico in fretta. Ogni volta che mangio il pane così, è un momento di grande felicità e non penso al futuro. Ora mangio la mia colazione. La cosa importante è mangiare la mia colazione in modo da essere sereno, in modo da essere una persona libera. Vivendo veramente nel momento presente sono una persona libera, mi sento molto leggero.
La mia colazione fatta di pane e latte è molto buona e saporita; forse vedendola a voi non sembrerebbe, eppure, se la mangiate come la mangio io, la trovereste anche voi molto gustosa. Pensiamo ora a come si fa colazione in città: la si consuma con una tale fretta che non si ha il tempo di sedersi per mangiarla o di guardare la persona che si ha davanti o che siede al fianco. Spesso non si vede neanche il cibo perché la mente è completamente oscurata dalle idee, dalle preoccupazioni, da quello che dobbiamo fare durante la giornata, dalla tristezza o dalla rabbia. Ogni giorno corriamo da una parte all’altra facendo le cose come se fossimo in un sogno. Così ci perdiamo anche il momento della colazione come una grande occasione per stare nel momento presente con consapevolezza.”

Thich Nhat Hanh: Allen ha detto: “Ho scoperto un modo per avere molto più tempo. In passato, consideravo il tempo come se fosse suddiviso in tante parti distinte. Una parte la riservo a Joey, un’altra era per Sue, un’altra la dedicavo ad Ana e un’altra ancora alle faccende domestiche. Quello che rimaneva era il mio tempo personale. Potevo leggere, scrivere, fare ricerca, andare a passeggio.

Ora invece cerco di non dividerlo più. Considero il tempo che passo con Joey e Sue come tempo mio. Quando aiuto Joey a fare i compiti cerco di fare in modo che il suo sia anche il mio tempo. Studio la lezione insieme a lui, mi godo la sua presenza e cerco di coinvolgermi in quello che facciamo. Il tempo dedicato a lui diventa il mio tempo. Con Sue è lo stesso. E il bello è che ora posso disporre di un tempo illimitato!”

Mentre parlava, Allen sorrideva. Ero sorpreso. Sapevo che tutto questo non l’aveva imparato dai libri. Era qualcosa che aveva scoperto da sé nella sua vita quotidiana.

Thich Nhat Hanh: “Si può praticare la presenza mentale percorrendo il sentiero che porta a un villaggio. Camminando per un viottolo sterrato fiancheggiato da macchie d’erba verde, se praticate la presenza mentale entrerete in contatto con quel sentiero, con il sentiero che porta al villaggio. Praticate alimentando quest’unico pensiero: “Sto percorrendo il sentiero che porta al villaggio”. Che piova o sia bel tempo, che il terreno sia asciutto o bagnato, conservate quell’unico pensiero, ma non limitandovi a ripeterlo meccanicamente. pensare meccanicamente è l’opposto ella presenza mentale. Se davvero ci dedichiamo alla presenza mentale mentre percorriamo il sentiero che porta al villaggio, l’atto di compiere un passo dopo l’altro sarà per noi un’infinita meraviglia e la gioia farà schiudere il nostro cuore come un fiore, permettendoci di accedere al mondo della realtà.
Mi piace camminare da solo per i viottoli di campagna, fra piante di riso ed erbe selvatiche, poggiando un piede dopo l’altro con attenzione, consapevole di camminare su questa terra meravigliosa. In quei momenti, l’esistenza è qualcosa di prodigioso e misterioso. Di solito si pensa che sia un miracolo camminare sull’acqua o nell’aria. Io credo invece che il vero miracolo non sia camminare sull’acqua o nell’aria, ma camminare sulla terra. Ogni giorno siamo partecipi di un miracolo di cui nemmeno ci accorgiamo: l’azzurro del cielo, le nuvole bianche, le foglie verdi, gli occhi neri e curiosi di un bambino, i nostri stessi occhi. Tutto è un miracolo.”

Thich Nhat Hanh: “Se non trovate la gioia e la pace nei momenti in cui vi sedete a meditare, il futuro stesso vi sfuggirà fra le dita come un fiume che scorre e voi non riuscirete a trattenerlo, non saprete vivere il futuro quando diventerà presente. Gioia e pace sono la gioia e la pace possibili precisamente in quest’ora di meditazione. Se non le trovate qui, non le troverete da nessuna parte. Non inseguite i pensieri come un’ombra segue l’oggetto che la produce. Non correte dietro ai pensieri. Trovate la gioia e la pace in questo preciso istante”.

Osho: “Una delle cose più importanti da capire, per ciò che riguarda l’essere umano, è questa: egli è addormentato. Anche quando crede di essere sveglio, non lo è. Essere svegli è la più grande illusione in cui l’uomo vive. E una volta accettata l’idea che sei già sveglio, non si pone il problema di fare uno sforzo per svegliarsi.

L’unica cosa che si deve imparare è l’arte dell’osservazione. Guarda! Osserva ogni azione che compi. Osserva ogni pensiero che scorre nella tua mente. Osserva ogni desiderio che prende possesso di te. Osserva anche i più piccoli gesti – camminare, parlare, mangiare, fare il bagno. Continua a osservare ogni cosa. Non mangiare in maniera meccanica, osserva con attenzione. Muoviti nella vita osservando continuamente…
Molto spesso te ne dimenticherai, ma non rammaricartene e appena te ne ricordi, torna di nuovo ad osservare.

Quando osservi, nasce chiarezza. Il tuo osservare diventa un’isola, una cittadella, che nessuna passione, nessuna cupidigia, nessuna avidità, nessuna rabbia può più dominare. Con quell’isola, per la prima volta diventi un uomo totale, un individuo integro. Per la prima volta, diventi un essere umano.”

Fabio Giommi (psicologo e psicoterapeuta)

La mindfulness sembra in grado di “agire” cambiando in primo luogo non i contenuti della mente ma la nostra relazione con essi. Attraverso un “vedere” intuitivo, immediato e accettante, la forza coercitiva di certi contenuti cognitivo-affettivi viene progressivamente meno, si dissolve.

Il tema centrale della cura diviene allora quello della disidentificazione consapevole dai propri pensieri-emozioni. E per converso il tema centrale della psicopatologia sembra focalizzarsi sull’“automatizzazione” dei nostri processi cognitivi ed emozionali, sul cristallizzarsi, a vari livelli, di configurazioni a volte semplici a volte complesse di pensieri –ricordi-emozioni-reazioni corporee che si “automatizzano” al di fuori della portata della nostra consapevolezza o volontà.

La mindfulness in un certo senso “agisce” in senso contrario rispetto agli effetti dell’automatismo mentale. Verrebbe da chiedersi: è così semplice? Si, ma è una semplicità che nasconde implicazioni quasi vertiginose, che in prospettiva investono non solo la clinica ma la nostra concezione della natura della mente in generale.
Il ripetuto movimento di distanziamento attraverso la consapevolezza non discorsiva da ciò che crediamo reale (i pensieri sono solo pensieri, non sono la realtà) è il fondamento della cura.

Le tradizioni meditative che stanno alle spalle della mindfulness propongono con forza, sulla base di una pratica esperienziale secolare, un’idea che a prima vista non può non suonare bizzarra a una mente educata nella tradizione della psicologia scientifica: esistono delle possibilità, delle potenzialità della mente che sono presenti in chiunque e possono essere realizzate.

L’idea è che, se sviluppata sistematicamente, la consapevolezza matura permette in modo spontaneo e regolare il manifestarsi di ulteriori capacità fondamentali della mente umana che sono intimamente e naturalmente collegate con la consapevolezza/mindfulness. In particolare: uno stato di “benevolenza incondizionata” e la capacità di insight. La prima consiste in un atteggiamento stabilizzato di “attenzione calda” e di equanimità che apre a un contatto non giudicante e non difensivo verso tutta la realtà, a un profondo e stabile sentimento di bene per gli altri e per sé stessi, con un’immediata implicazione etica. La seconda è la capacità di intuizione, di visione profonda e penetrante circa la natura della psiche, ed è quella in parte espressa dal termine metacognitive insight.

Fabio Giommi: Mindfulness (Video)

Tara Bennett Goleman (psicologa e psicoterapeuta)

Se desideriamo che la “piena coscienza” ci dia dei risultati, dobbiamo sforzarci di lavorare per rafforzare le nostre capacità. Questo significa, essenzialmente, dedicarsi con regolarità alla pratica di meditazione e, se possibile, partecipare a un ritiro. Ricordate che meditare significa rieducare le nostre abitudini fondamentali di attenzione.
Di norma ci distraiamo facilmente, ma la piena coscienza rinforza il muscolo della concentrazione in modo che possiamo mantenerci focalizzati. Nei casi in cui l’attenzione tende a spostarsi da un oggetto all’altro, rimanendo sulla superficie delle cose, la piena coscienza coltiva la capacità di prolungare una consapevolezza indagatrice, che penetri più profondamente nella nostra esperienza.
Quando saremo in grado di influenzare i nostri schemi con queste qualità, avremo bisogno di rendere la pratica della meditazione pienamente cosciente una costante della nostra vita. Come ogni nuova abilità, essa richiede una ripetizione continua perché possiamo raggiungere un livello significativo di padronanza. La pratica regolare può rendere la meditazione sempre più facile, in quanto è in se stessa piacevole e rappresenta un’oasi di pace con noi stessi nella frenesia della nostra vita.

La piena coscienza si basa sul processo di consapevolezza, ed esclude il coinvolgimento del contenuto della consapevolezza. Essa osserva la sensazione di rabbia, per esempio, ma non si fa trascinare nei dettagli specifici e nei contenuti della rabbia. Se incominciate a perdervi alla ricerca della ragione per cui vi siete arrabbiati – in pensieri come “Non sopporto che lui mi faccia questo!” – allora non siete pienamente coscienti, ma vi siete identificati con la sensazione di collera, invece di limitarvi a osservarla.
D’altra parte, la piena coscienza non è repressione. Volete semplicemente permettere a voi stessi di fare esperienza in maniera completa di un sentimento come la rabbia, osservando i pensieri che si presentano alla mente, le sensazioni nel corpo, l’impulso di agire, oppure le azioni che vi trovate a intraprendere. Potete osservare, per esempio, la tensione dell’addome, oppure i muscoli delle braccia che si contraggono come se voleste colpire qualcuno o stringere un pugno, mentre la mente è sconvolta da pensieri di indignazione.

La piena coscienza ci permette di portare una precisa consapevolezza all’intero processo emotivo, facendo distinzione tra i pensieri, i sentimenti e gli impulsi ad agire. Una più elevata capacità di notare il momento in cui si sviluppa l’intenzione, il movimento mentale che avviene all’inizio di quel magico quarto di secondo prima che agiamo, ci permette di avere più scelta.
La piena coscienza ci dà libertà in quel punto di svolta critico. Se riusciamo a essere presenti in quel momento con piena coscienza, per esempio, possiamo semplicemente stare in contatto con le sensazioni provocate dai sentimenti e dai pensieri di rabbia, seguendole finché svaniscono o allentano la presa su di noi, invece di permettere che siano loro a stabilire come dobbiamo comportarci. Oppure possiamo scegliere una reazione alternativa, come affermare e spiegare con chiarezza i nostri bisogni, invece di reagire con un’esplosione di rabbia.

Una consapevolezza più raffinata ci mette nelle condizioni di osservare l’impulso anche prima che sia messo in atto, così da poter decidere con più prontezza di non seguirlo. Il principio più importante è: prima riusciamo a cogliere lo sviluppo dell’attacco di schema (schemi disfunzionali creatisi nell’infanzia), più saremo in grado di mandare in cortocircuito l’intera sequenza.
Se diventiamo capaci di riconoscere la sensazione familiare nel nostro corpo, oppure i pensieri familiari che segnalano che lo schema si è attivato – allora possiamo avere una scelta maggiore rispetto a come comportarci. Più sottile sarà la nostra sensibilità nel cogliere l’inizio dell’attacco dello schema, meglio sarà. La piena coscienza ci fornisce questo sensibile radar interiore.

Enrico Cheli (psicologo)

Lo scopo principale della meditazione è scavalcare la mente razionale, acquietarla e poi spegnerla del tutto, temporaneamente s’intende, in modo da entrare in contatto sempre più diretto con la nostra essenza, con i nostri veri bisogni, con le aspirazioni più intime, le emozioni e i sentimenti più profondi, insomma entrare in contatto con ciò che potremmo chiamare il nucleo del nostro essere, il vero Sé.

Forse non ci avete mai fatto caso prima di adesso, ma la mente è onnipresente: è difficile stare più di qualche secondo senza pensare a qualcosa, se non quando si dorme, e quando si pensa non si sente, non si è in contatto né con se stessi né col momento presente. La mente è come una radio sempre accesa, sempre sintonizzata a tutto volume sullo stesso canale: il pensare. Si pensa a quanto è accaduto ieri, a quanto desideriamo o temiamo accada domani, a quello che dobbiamo fare o dire, insomma siamo continuamente o nel passato o nel futuro, distolti dal presente, da noi stessi, dal nostre essere vivi, ora, qui.

Con la meditazione si arriva a capire che ci sono altri canali, perfino più importanti del pensare, e si impara a cambiare canale, ad abbassare il volume del chiacchiericcio mentale, così da entrare in uno spazio di silenzio interiore, in cui è possibile percepire quei deboli sussurri che il vero Sé ci invia.
Ovviamente, tutto questo non si produce dalla mattina alla sera: occorre, come tutte le cose a questo mondo, un po’ di pratica, di esercizio; basta poco, anche dieci-venti minuti al giorno per ottenere i primi benefici.

Eckhart Tolle

Non appena onorate il momento presente, ogni infelicità e ogni sforzo si dissolvono, e la vita comincia a scorrere con gioia e facilità. Quando agite sulla base della consapevolezza del momento presente, qualunque cosa facciate si impregna di un senso di qualità, di sollecitudine e di amore, anche l’azione più semplice.

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