Paura antitesi amore e libertàE’ la paura che ci ha fatto perdere il contatto con il nostro Sé reale e che ci impedisce di ritrovarlo.

Nei primi anni di vita, in un processo di “addomesticamento” necessario, ci siamo trasformati da piccoli selvaggi in ragazzini garbati e civilizzati, conformati alle regole indispensabili alla convivenza comunitaria. Ma questa transizione non è stata indolore, abbiamo lottato strenuamente per tentare di opporci a questo processo di ammansimento forzato. Abbiamo difeso eroicamente la nostra spontaneità, libertà, genuinità, creatività, gioia incondizionata… pezzi pregiati della nostra Essenza. E di ogni battaglia combattuta -con sofferenza, angoscia, paura, ansia – conserviamo ancora le ferite, non ancora rimarginate.
Non potevamo non soccombere al “nemico”, gli schieramenti in campo erano impari, eravamo troppo piccoli e deboli in rapporto alle forze avversarie.

Il motivo per cui la paura ci impedisce di rientrare in contatto con il nostro Sé autentico è legato a quanto appena detto. Ogni volta che scendiamo in profondità e ci riavviciniamo a qualche parte perduta della nostra Essenza, il bruciore intenso di quelle ferite non cicatrizzate improvvisamente si riaccende e il dolore e la paura ci spingono via, di nuovo verso la superficie.

Quando ci riavviciniamo alla nostra Essenza (e accade continuamente, perché c’è una “forza gravitazionale” che ci attrae continuamente verso il Centro) percepiamo lo stesso dolore e la stessa angoscia vissuti nei momenti in cui tanti anni prima perdevamo quelle parti essenziali del nostro Sé reale e, come allora, si riattivano antichi meccanismi di difesa, nati proprio per non farci sentire il vuoto penoso della perdita di pezzi della nostra anima.
E’ la paura di sperimentare ancora quella sofferenza vissuta soprattutto in tenera età, durante le tante battaglie a difesa della nostra libertà e integrità, che ci impedisce di riconquistare la nostra Essenza. Anche se ormai siamo adulti e potremmo con facilità scegliere di vivere una vita in amore e serenità, i processi interiori che ci provocano angoscia e paura nell’avvicinarci al nostro Sé autentico si sono automatizzati e ci impediscono il ritorno a Casa. Ormai il pericolo è cessato ma le nostre “difese” continuano a proteggerci da un nemico che non esiste più…

Le difficoltà che viviamo nel nostro periodo di sviluppo sono come dei “microtraumi”, dei traumi cumulativi che, ripetendosi e sommandosi, creano nel tempo condizioni simili a quelle prodotte da vere e proprie esperienze traumatiche.

Affrontare sentimenti dolorosi

(Leslie Greenberg e Sandra Paivio, psicologi e psicoterapeuti)

Affrontare sentimenti dolorosi richiede di vincere il timore che il sé possa venire distrutto affinché sia fatta strada al dolore e il materiale traumatico sia assimilato. Risolvere problemi connessi al dolore non consiste nel comprendere le fonti del dolore o le perdite subite che spesso sono purtroppo evidenti. Il cambiamento avviene permettendo e accettando il dolore che precedentemente è stato evitato nel tentativo di proteggere il sé e inoltre con l’esperire ed esprimere i sentimenti per viverli e portarli a compimento.

I sentimenti dolorosi precedentemente evitati devono essere prima avvicinati, successivamente consentiti e, infine, accettati come parte di sé. Nel permettere di provare la devastazione, la mancanza di aiuto, l’impotenza, è necessario che il dolore originario venga sperimentato e affrontato per giungere a una forma di conoscenza esperienziale di potergli sopravvivere.
Permettere il dolore produce un senso di sollievo organismico e rende la persona capace di manifestarsi secondo nuove modalità auto-affermative. E’ stato dimostrato che l’atto di affrontare ricordi traumatici riduce il lavoro fisiologico e cognitivo implicato nell’inibizione di pensieri e sentimenti connessi al trauma

Accettando il vissuto precedentemente evitato e sopravvivendo a esso, le persone acquisiscono una maggiore flessibilità e una maggiore apertura a nuove informazioni, e i sentimenti hanno meno potere su di loro. Ora esistono le condizioni e l’opportunità di sperimentare la novità, di considerare nuove possibilità e di creare nuovi significati.

Paradossalmente, evitare la negatività del dolore non fa che perpetuarlo e interferisce con la capacità di prenderne le distanze. Bisogna accettare il dolore, affrontare il senso di mancanza di speranza e aiuto che viene evitato e andare veramente oltre ristrutturandolo. E’ ciò che si intende con i termini colloquiali “entrare dentro” e “passare attraverso” il dolore.

Attraversare la sofferenza consapevolmente ci permetterà di vedere con lo stato d’animo di allora unito alla maturità e consapevolezza di oggi quello stesso problema e di comprenderlo, elaborarlo, integrarlo.

Cauterizziamo le nostre ferite con il fuoco della consapevolezza. Per farlo, dobbiamo entrare in contatto con il nostro dolore e le nostre paure e limitarci a osservarle, lasciarle essere; in questo modo consentiamo alla nostra mente e al nostro corpo di completare il processo interrotto di elaborazione e integrazione. L’esperienza va ripetuta più volte, fino a quando pensare o vivere certe situazioni non ci provocherà più ansia e dolore.

Se diciamo “Sì” al nostro dolore e gli permettiamo di esprimersi, dopo un po’ l’energia cambia e sentiamo nascere chiaramente in noi, in modo naturale, una sensazione di gratitudine, di accettazione, di amore.

Evitamento esperienziale

Russ Harris (psicologo e psicoterapeuta)

Evitamento esperienziale significa tentare di evitare, sbarazzarsi, sopprimere o fuggire dalle esperienze interiori indesiderate (sensazioni, emozioni, pensieri). Gli esseri umani sono spinti naturalmente verso l’evitamento esperienziale. Questo può spiegarsi con il fatto che è una tattica che funziona molto bene nel mondo materiale. Dall’alba dei tempi utilizziamo l’evitamento con successo per liberarci di ciò che non ci piace. Nel mondo fisico questo funziona molto bene. C’è un lupo fuori dalla tua porta? Sbarazzatene: tiragli un sasso, trafiggilo o sparagli. Neve, pioggia, grandine? Non puoi sbarazzartene, ma puoi evitarle nascondendoti in una caverna, costruendo un riparo o indossando abbigliamento protettivo. Terreno asciutto e arido? Tu te ne puoi sbarazzare con l’irrigazione o la fertilizzazione oppure puoi evitarlo spostandoti in una zona migliore.

Quindi la nostra mente è come una macchina da problem-solving ed è molto brava nel suo lavoro. E proprio perché il problem-solving funziona così bene nel mondo materiale, è semplicemente naturale che la nostra mente cerchi di fare la stessa cosa nel nostro mondo interiore: il mondo di pensieri, emozioni, ricordi, sensazioni, bisogni e urgenze. Sfortunatamente, troppo spesso quando cerchiamo di evitare o di sbarazzarci di pensieri o emozioni indesiderate, non funziona o, se funziona, finiamo col procurarci molto dolore aggiuntivo in questo stesso processo.

Proviamo ora a esaminare come l’evitamento aumenti la sofferenza.

Le dipendenze ne sono un esempio lampante. Molte dipendenze iniziano come un tentativo di evitare o di sbarazzarsi di pensieri ed emozioni indesiderate come la noia, la solitudine, l’ansia, la colpa, la rabbia, la tristezza e così via. Nel breve periodo, il gioco d’azzardo, le droghe, l’alcool e le sigarette spesso aiutano le persone a evitare o a sbarazzarsi di queste emozioni temporaneamente ma, nel lungo periodo, ne deriva una grande quantità di dolore e di sofferenza.

Più noi spendiamo tempo ed energie nel tentativo di evitare o di sbarazzarci delle esperienze private indesiderate, più è probabile che soffriremo psicologicamente sul lungo periodo. I disturbi d’ansia ne costituiscono un buon esempio. Non è la presenza dell’ansia che rappresenta l’essenza di un disturbo d’ansia. Dopotutto l’ansia è una normale emozione umana che noi tutti sperimentiamo e di cui tutti noi abbiamo esperienza. Al nucleo di ogni disturbo d’ansia si trova un eccessivo evitamento esperienziale: una vita dominata dal faticoso tentativo di evitare o di sbarazzarsi dall’ansia. Per esempio, immagina che io provi ansia in situazioni sociali e, nel tentativo di evitare quelle sensazioni di ansia, smetta di socializzare. Adesso ho una “fobia sociale”. I benefici a breve termine sono ovvi, ottengo di evitare alcuni pensieri ansiogeni ed emozioni d’ansia, ma nel lungo periodo i costi sono enormi: divento socialmente isolato e la mia vita “si rimpicciolisce”.

Purtroppo, più importanza diamo all’evitamento dell’ansia, più sviluppiamo ansia per la nostra ansia. E’ un circolo vizioso che si trova al centro di ogni disturbo d’ansia (come nell’attacco di panico: ansia riguardo l’ansia). Una grande quantità di dati di ricerca mostra che un alto evitamento esperienziale è associato a disturbi d’ansia, eccessive preoccupazioni e ruminazioni, depressione, scarse prestazioni lavorative, alti livelli di abuso di sostanze, bassa qualità della vita, comportamenti sessuali a rischio, disturbo di personalità borderline, maggiore gravità nel disturbo post traumatico da stress, disabilità a lungo termine e maggiori livelli generali di psicopatologia. Infatti, è probabilmente il più grande singolo fattore in psicopatologia.

Facciamo un breve riassunto. Hai provato con i farmaci, l’alcol, i libri di auto-aiuto, la psicoterapia, il ritiro dal mondo, stando a letto, evitando situazioni difficili, biasimandoti, incolpando i tuoi genitori, distraendoti, rimuginando sul passato, cercando di capire perché ti senti così, cercando di capire perché sei così, gettandoti a capofitto negli impegni, facendo corsi per migliorarti e un sacco di altre cose, sono prono a scommetterci! Così nessuno può darti del pigro! Hai chiaramente investito una gran quantità di tempo, sforzi e denaro nel tentativo di sbarazzarti di questi pensieri e sentimenti. Eppure, nonostante tutto questo sforzo, loro continuano a ripresentarsi. Sono ancora qui oggi. Alcune delle strategie che hai utilizzato allontanano queste cose per un breve periodo, ma presto ritornano, non è vero? E adesso non sono forse più grandi e più pesanti di quanto non fossero tanti anni fa quando hai iniziato a lottare con queste cose? Ci sono più sentimenti, pensieri e ricordi dolorosi qui adesso che non cinque anni fa, giusto? Quindi, anche se questo è ciò che istintivamente ti viene da fare, questa strategia chiaramente non ha gli effetti che desideri. E’ solo in grado di peggiorare le cose. Quindi noi non vogliamo più fare cose che non funzionano, giusto? Ecco, ci sono alcune abilità di mindfulness che ti permetteranno di trattare i pensieri e sentimenti sgradevoli molto più efficacemente, in modo che abbiano un impatto e una influenza molto minore su di te.

Accettazione significa aprirsi e fare spazio a sentimenti, sensazioni, impulsi ed emozioni dolorosi. Abbandoniamo la lotta con loro, diamo loro qualche spazio di respiro e permettiamo loro di essere come sono. Invece di combatterli, resistere, scappare via da loro o rimanerne invischiati o sopraffatti, apriamoci a loro e lasciamoli essere quello che sono (questo non significa volerli o che ci debbano piacere, significa semplicemente far loro spazio).

Amore e dolore sono i partner di una danza intima, camminano sempre mano nella mano. Per non sentire dolore, alcune persone provano disperatamente a non interessarsi, a non amare, a non volere. Possono provare a farlo in una miriade di modi diversi, dalla droga e l’alcol al ritiro sociale al proclamare “Niente conta” o “Non mi importa di nulla”. Ovviamente tali tentativi sono destinati a fallire: paradossalmente finiscono per creare più dolore, non meno.

Mettiamo in atto una continua lotta per evitare la sofferenza, con il risultato di aumentarla.

Tutto questo perché abbiamo paura di sentire le emozioni negative… Ma se ci entriamo in contatto, ci rendiamo conto che non sono così spaventose o dolorose come immaginiamo… E se gli permettiamo di essere, se facciamo loro spazio, si dissolvono in breve tempo, permettendoci di impiegare l’energia che disperdevamo nel lottare contro di esse nel raggiungimento dei nostri obiettivi di vita.

Jung: ciò a cui opponi resistenza, persiste.

Osho: “Non seguire l’istinto della tua paura, perché questo fa di te un codardo, degrada la tua umanità. Questa è un’umiliazione che ti sei imposto. Ogni volta che vedi la paura, affrontala. Usa un criterio molto semplice: quando vedi che la paura è presente, affrontala e sarai sempre in cammino, crescerai, ti espanderai, arriverai vicino al momento in cui il tuo ego cadrà. Il suo intero meccanismo funziona per via della paura e l’assenza dell’ego è illuminazione; non è un qualcosa in più che si aggiunge.
Un semplice principio: ricorda, qualsiasi cosa che ti fa paura, totalmente paura, è una chiara indicazione su ciò che devi fare. Devi fare semplicemente l’opposto di quello che ti suggerisce la paura, non diventarne un seguace, lotta contro di lei. La vita comincia dove finisce la paura. Nel momento che decidi di combattere contro la tua paura, sei sulla via verso l’illuminazione.”

Letture e video consigliati

Krishnananda: A tu per tu con la paura

Mauro Scardovelli: Come superare la paura (Video)

Mauro Scardovelli: Come convertire la sofferenza (Video)


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