Disturbo da stress post traumaticoDisturbo da stress post traumatico: in termini generali, il trauma può essere definito come un evento imprevisto, improvviso e imprevedibile che il soggetto sperimenta come destabilizzante e devastante, cioè un’esperienza di particolare gravità che compromette il senso di stabilità, continuità fisica e psichica di una persona.

Il concetto di trauma psichico rimanda a una condizione d’impotenza dinanzi a un’esperienza sconvolgente e incontrollabile che provoca un flusso di sensazioni incontenibili, travolge le normali difese dell’individuo imponendo la messa in atto di difese patologiche.

Il trauma corrisponde all’impossibilità di dare un senso e un significato coerente e psicologicamente accettabile, sensato, a un episodio che si situa “fuori” dall’esperienza di vita normale dell’individuo.


La definizione del DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) privilegia una lettura prevalentemente oggettiva degli eventi traumatici; definisce il trauma come: “L’esposizione a un fattore traumatico estremo che implica l’esperienza personale diretta di un evento che causa o può comportare morte o lesioni gravi o altre minacce all’integrità fisica di un’altra persona; o il venire a conoscenza della morte violenta e inaspettata, di grave danno o minaccia di morte o lesioni sopportate da un membro della  famiglia o da altra persona con cui è in stretta relazione”.

La possibilità che si sviluppi un disturbo da stress post traumatico in seguito a un evento traumatico dipende dalla natura dell’evento stesso e dalla vulnerabilità del soggetto. Persone emotive o con problemi di personalità preesistenti rimangono più facilmente traumatizzate dopo un fatto stressante.

Nella maggior parte dei casi, il disturbo da stress post traumatico si sviluppa subito dopo l’esposizione all’evento; a volte compare dopo mesi, o addirittura anni, in occasione di qualcosa che ci fa ricordare l’accaduto.

Disturbo da stress post traumatico: criteri diagnostici (DSM 5)

A. Esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione, oppure violenza sessuale in uno (o più) dei seguenti modi: fare esperienza diretta dell’evento traumatico; assistere direttamente a un evento traumatico accaduto ad altri; venire a conoscenza di un evento traumatico accaduto a un membro della famiglia o a una persona cara; fare esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a dettagli crudi dell’evento traumatico (ad esempio, i primi soccorritori che raccolgono resti umani, agenti di polizia continuamente esposti a dettagli crudi).

B. Presenza di uno o più dei seguenti sintomi intrusivi associati all’evento traumatico, che hanno inizio successivamente all’accadimento.

  1. Ricorrenti, involontari e intrusivi ricordi spiacevoli dell’evento traumatico.
  2. Ricorrenti sogni spiacevoli collegati all’evento.
  3. Reazioni dissociative (per esempio, flashback) in cui il soggetto sente o agisce come se l’evento traumatico si stesse ripresentando.
  4. Intensa o prolungata sofferenza psicologica all’esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico.
  5. Marcate reazioni fisiologiche a fattori scatenanti interni o esterni che assomigliano a qualche aspetto dell’evento.

C. Evitamento persistente degli stimoli associati all’evento traumatico: ricordi spiacevoli, pensieri o emozioni collegate all’evento; persone, luoghi, conversazioni, oggetti, situazioni collegati all’evento, che suscitano reazioni spiacevoli.

D. Alterazioni negative di pensieri ed emozioni: amnesia dissociativa, catastrofismo, pensieri distorti, sensi di colpa, stati emotivi persistenti, riduzione di interesse per le normali attività quotidiane, sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri, ridotta capacità di provare emozioni positive.

E. Eccessiva attivazione del sistema nervoso: comportamenti irritabili o spericolati, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme, problemi di concentrazione, difficoltà relative al sonno.

F. La durata delle alterazioni è superiore a 1 mese (se i sintomi si manifestano da meno di un mese, si parla di Disturbo da stress acuto).

G. L’alterazione provoca disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.

Disturbo da stress post traumatico: trattamento

Numerosi interventi si sono rivelati efficaci per il trattamento del disturbo da stress post traumatico. Tra quelli utilizzati con maggior successo abbiamo:

Terapia di esposizione

Il nucleo della terapia di esposizione consiste nell’aiutare il cliente a confrontarsi con gli stimoli temuti fino a che la paura diminuisce. Nella variante più diffusa, si chiede al paziente di “rivivere” l’esperienza del trauma descrivendola ad alta voce, reiteratamene, parlando al presente, per 45-60 minuti. Il paziente viene incoraggiato a usare il maggior numero possibile di particolari, specialmente ricordi sensoriali, come odori, suoni, ecc. nonché i pensieri e gli stati d’animo vissuti durante l’evento.


Il paziente descrive la vicenda per tre volte mentre il terapeuta registra la seduta. Dopo l’esposizione immaginativa, terapeuta e paziente discutono dell’esperienza appena fatta e delle intuizioni sul trauma avvenute durante l’esposizione, allo scopo di facilitare l’integrazione cognitiva. Al paziente vengono assegnati dei compiti per casa: ascoltare la registrazione varie volte per facilitare un’ulteriore abituazione.

EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing)

L’EMDR si focalizza sul ricordo dell’esperienza traumatica ed è una metodologia che utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra per trattare disturbi legati direttamente a esperienze traumatiche.

Dopo una o più sedute di EMDR, i ricordi disturbanti legati all’evento traumatico hanno una desensibilizzazione, perdono la loro carica emotiva negativa. Il cambiamento è molto rapido, indipendentemente dagli anni che sono passati dall’evento. L’immagine cambia nei contenuti e nel modo in cui si presenta, i pensieri intrusivi in genere si attutiscono o spariscono, diventando più adattivi dal punto di vista terapeutico e le emozioni e sensazioni fisiche si riducono di intensità. Acquista un testo EMDR su Amazon

Terapia sensomotoria

In questo percorso l’esperienza corporea è la via principale per l’intervento terapeutico. Lavorare direttamente con le sensazioni e i movimenti permette di agire direttamente sui sintomi e promuovere in seconda battuta un cambiamento anche nelle emozioni, nei pensieri, nelle credenze e nelle capacità relazionali.

Il terapeuta sensomotorio osserva con un atteggiamento consapevole, curioso e non giudicante tutto quello che accade nel qui ed ora delle seduta al corpo del paziente. I punti centrali dell’esplorazione in terapia sono le sensazioni corporee e i movimenti che emergono in seduta, le reazioni emotive attuali, i pensieri e le immagini legate al trauma, per affrontare in maniera diretta gli effetti dell’esperienza traumatica sul corpo e sull’apprendimento procedurale. L’attenzione non è focalizzata sulla storia narrata, ma sull’esperienza interna del paziente mentre ne parla e per il modo in cui ne parla.

Mantenendo il corpo come interlocutore privilegiato la terapia nella prima fase si occupa di promuovere la capacità di autoregolazione del paziente, in modo che possa poi sostenere il successivo lavoro con le memorie traumatiche.

Nella seconda fase sono affrontati i frammenti di memoria non integrati attingendo alle risorse e alle capacità di regolazione promosse nella fase precedente. Vengono individuate e attuate le difese “bloccate”, che non hanno potuto essere portate a compimento durante l’esperienza traumatica a causa della sua natura soverchiante e che sono rimaste nel corpo come gesti accennati e bloccati. Questi “atti di trionfo” danno un nuovo senso di controllo nel ricordo dell’evento traumatico e consentono di ridurre le emozioni di vergogna e impotenza. Le tendenze all’azione difensive maladattive possono così essere trasformate in azioni più adeguate al nuovo contesto.

Nella terza fase le risorse mobilitate nel lavoro precedente vengono utilizzate per affrontare aree di vita fino a quel momento trascurate e per partecipare pienamente al gioco, al lavoro ed alle relazioni. Le reazioni difensive vengono integrate con gli altri sistemi di azione, creando la possibilità di mettere in atto reazioni consone alle diverse sfide della vita quotidiana, tollerando emozioni positive e negative sempre più intense e sviluppando un nuovo senso di sé più flessibile.

L’elaborazione emotiva e quella cognitiva non sono escluse da questo processo, anzi, per la guarigione dal trauma è fondamentale l’integrazione di tutti e 3 i livelli di elaborazione dell’informazione (cognitiva, emotiva e sensomotoria), dato che ogni esperienza che noi facciamo li influenza tutti. Acquista un testo sulla terapia sensomotoria su Amazon

Mindfulness

Un atteggiamento consapevole e di accettazione verso l’esperienza che emerge nel momento presente può contribuire a costruire una maggiore resilienza psicologica nelle vittime che hanno subìto un trauma. Rimanere nel momento presente senza reagire automaticamente, anche quando emergono le memorie intrusive, consente di ridurre il senso di colpa conseguente la messa in atto di strategie di coping maladattive (come l’evitamento, il perfezionismo o la dissociazione) in presenza dei flashback o degli stimoli target.

La mindfulness e, in particolar modo, il programma MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction, ideato e sviluppato da Jon Kabat-Zinn) risultano particolarmente indicati per modulare i sintomi associati a un vissuto traumatico. La pratica di mindfulness, infatti, agisce sul sistema nervoso e sulla risposta parasimpatica, riducendo l’arousal e la reattività (per un approfondimento visita la pagina Neuroscienze e Trauma)

I pensieri intrusivi, i flashback e i ricordi che producono la sofferenza legata al trauma possono rinforzare un atteggiamento orientato al passato e la connotazione emotiva negativa dei sintomi sperimentati. Al contrario, grazie alla mindfulness, le persone diventano più consapevoli del momento presente, interpretando in maniera accurata e non giudicante l’esperienza (compresi i sintomi) che emerge nel qui e ora e sviluppando un maggior senso di controllo di sé e dell’ambiente. L’attenzione consapevole e l’accettazione non giudicante riducono l’impatto emotivo negativo (che, per esempio, si esprime con la disregolazione emotiva i problemi nel rapporto con se stesso e gli altri, i disturbi del sonno) dovuto all’esposizione al trauma. La pratica Mindfulness non richiede che la persona rivisiti il trauma in maniera narrativa, bensì prevede un incontro diretto con gli effetti (sulla mente e il corpo) dell’esposizione al trauma, così come sono nel momento in cui emergono. Acquista un testo sulla mindfulness su Amazon

Roberto Gentile (contatti)

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