Disturbo antisociale di personalitàDisturbo antisociale di personalità: le persone che soffrono di questo disturbo adottano comportamenti irresponsabili, con scarso interesse per i diritti degli altri, per le norme sociali, per gli ammonimenti della coscienza e per la legge. Questi atteggiamenti nascono già nell’infanzia o nell’adolescenza, con comportamenti sovvertitori e distruttivi, dispregio per l’autorità, violazione delle regole, distruzione della proprietà altrui e anche violenza su animali e persone. Si tratta di ragazzi che mentono facilmente per perseguire i loro interessi e che rubano quando credono di potere farla franca.

Da adulto, l’antisociale può commettere atti più gravi, anche passibili di arresto. La sua vita è turbolenta, con relazioni sentimentali burrascose e cambiamenti improvvisi nel lavoro e nel luogo di residenza. Si lascia coinvolgere facilmente in attività illecite come furto e spaccio di droga.

Se non ottiene quello che vuole, si irrita e diventa aggressivo, è suscettibile e mostra scarsa tolleranza alla frustrazione. Non si cura della propria sicurezza e di quella degli altri, si lancia in sfide estreme, pratica sesso non protetto, corre ad alta velocità in macchina, fa uso di droghe pesanti e si dedica ad attività criminali pericolose. Un tipico esempio di noncuranza della sicurezza altrui è la trascuratezza nell’accudimento dei figli (es. malnutrizione, malattie dovute a mancanza di igiene, figli affidati o abbandonati ad altre persone).

L’antisociale è una persona spesso arrogante ed egoista, abile e veloce oratore, crede che tutti lo considerino il “numero uno”; prende decisioni d’impulso, irresponsabili e senza tenere conto delle conseguenze; usa fascino e carisma per ingannare, manipolare e raggirare gli altri. Si aspetta di essere attaccato o sfruttato dagli altri e colpisce per primo per prevenire la loro mossa.


Giustifica i suoi comportamenti con pronte razionalizzazioni, disprezza le sue vittime per essere state stupide e indifese, sostenendo a propria giustificazione che “se non lo avesse fatto lui, lo avrebbe fatto qualcun altro”. E’ come se fosse privo di coscienza, non prova alcun senso di colpa né rimorso per le sofferenze che infligge.

Secondo gli studiosi della teoria della mente, queste persone hanno difficoltà ad assumere la prospettiva degli altri, per cui non si prefigurano la sofferenza che possono indurre in loro e si mostrano indifferenti, distaccati, sprezzanti, cinici e irrispettosi verso gli altri.

Il disturbo antisociale di personalità è più frequente negli uomini che nelle donne. Una diagnosi di disturbo antisociale di personalità non conferisce protezione in ambito legale.

Disturbo antisociale di personalità: criteri diagnostici (DSM 5)

Il disturbo di personalità (in generale) è un pattern abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Questo pattern si manifesta in due (o più) delle seguenti aeree: cognitività, affettività, funzionamento interpersonale, controllo degli impulsi.

Il pattern abituale risulta inflessibile e pervasivo in un’ampia varietà di situazioni personali e sociali e determina disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti. Il pattern è stabile e di lunga durata, e l’esordio può essere fatto risalire almeno all’adolescenza o alla prima età adulta.

Disturbo antisociale di personalità

  1. Un pattern pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri, che si manifesta fin dall’età di 15 anni, come indicato da tre (o più) dei seguenti elementi:
  2. Incapacità di conformarsi alle norme sociali per quanto riguarda il comportamento legale, come indicato dal ripetersi di atti passibili di arresto.
  3. Disonestà, come indicato dal mentire ripetutamente, usare falsi nomi o truffare gli altri, per profitto o per piacere personale.
  4. Impulsività o incapacità di pianificare.
  5. Irritabilità e aggressività, come indicato da ripetuti scontri o aggressioni fisiche.
  6. Noncuranza sconsiderata della sicurezza propria o degli altri.
  7. Irresponsabilità abituale, come indicato dalla ripetuta incapacità di sostenere un’attività lavorativa continuativa o di far fronte a obblighi finanziari.
  8. Mancanza di rimorso, come indicato dall’essere indifferenti o dal razionalizzare dopo avere danneggiato, maltrattato o derubato un altro.
  9. L’individuo ha almeno 18 anni.
  10. Presenza di un disturbo della condotta con esordio prima dei 15 anni di età.

Disturbo antisociale di personalità: trattamento

Le persone che soffrono di questo disturbo raramente richiedono la terapia volontariamente, perché non sono consapevoli di soffrire di una patologia. Di solito il percorso terapeutico inizia dopo un procedimento penale in cui il soggetto è imputato: l’adesione a progetti terapeutici o riabilitativi, infatti, permette di migliorare la loro posizione legale.


Attualmente, dunque, per il disturbo antisociale di personalità la terapia più efficace (ma non spesso, perché questi soggetti sono molto resistenti al cambiamento) è il ricovero in strutture specializzate per la cura di questo disagio, che consistono essenzialmente in centri all’interno degli istituti penitenziari e in particolari comunità.
Il cambiamento, ammesso che sia possibile, è favorito soltanto dallo scorrere del tempo, dal naturale processo di maturazione, dall’esistenza di forti punti di riferimento esterni, dalla possibilità di disintossicarsi dalla droga o in seguito a esperienze di vita dolorose. Alcuni soggetti antisociali si rendono conto in fretta, maturano, capiscono che uno stile di vita così spericolato non porta a nulla e cercano di evitare la prigione o la morte prematura, alla quale sarebbero altrimenti destinati.

Per alcuni può essere risolutivo lo smettere di frequentare il gruppo di amici, per altri uscire dalla droga e per altri ancora avvicinarsi alla religione e sperimentare una rinascita spirituale.

La personalità antisociale in genere è estremamente resistente a qualsiasi cambiamento fino a quaranta o cinquant’anni, in concomitanza con le modifiche ormonali e la diminuzione del vigore.

Terapia cognitivo-comportamentale

I programmi di terapia cognitivo-comportamentale prevedono per lo più uno strutturato programma manualizzato step by step per migliorare la gestione dei soggetti antisociali nel loro funzionamento psicosociale. Il trattamento indicativamente proposto è basato su una varietà e una moltitudine di interventi di tipo cognitivo e comportamentale quali:

  • ristrutturazione dei pensieri irrazionali e delle credenze centrali, basati sul modello cognitivo della psicopatologia di Beck;
  • la modifica del comportamento mediante tecniche di token economy (quali rinforzo, shaping, modeling, time out sul modello di Skinner);
  • acquisizione di abilità di coping e di skills social, poiché secondo autori come Sperry soggetti ASPD presenterebbero deficit di abilità e necessiterebbero di interventi di potenziamento delle loro abilità;
  • miglioramento della consapevolezza sociale e di se stessi, mediante la riduzione dei comportamenti oppositivi e l’acquisizione di comportamenti pro sociali;
  • il miglioramento della consapevolezza sociale e la fiducia in se stessi;
  • la gestione di risposte allo stress quali ansia e aggressività;
  • la modulazione di stati quali la distruttività, l’aggressività, l’ostilità e la rabbia;
  • miglioramento del benessere globale;
  • padroneggiamene delle abilità di relapse-prevation;
  • l) training di rilassamento;
  • m) gestione di aspetti di psicosociale nella vita dei pazienti.

Roberto Gentile (contatti)

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