Disturbo schizotipico di personalità: le persone che soffrono di questo disturbo sono socialmente isolate come nel disturbo schizoide, ma in più manifestano comportamenti eccentrici. Il loro aspetto è insolito, si vestono in modo inadeguato alle circostanze, con abiti macchiati e trasandati; i capelli sono arruffati e l’igiene personale è spesso trascurata. Il modo di fare affettato, la gestualità e le espressioni facciali di questi individui sono bizzarri e allontanano la gente.
Sono persone sospettose che non si fidano di nessuno, sono incapaci di interagire con gli altri in modo appropriato e mancano di relazioni intime. L’ansia che provano in compagnia di altre persone non diminuisce con l’abitudine, anzi, può aumentare se sono costretti a trascorrervi più tempo; si irrigidiscono, evitano di sostenere lo sguardo dell’interlocutore, non manifestano alcuna emozione se non in modo piatto e inappropriato.
Sono consapevoli della loro “stranezza”: ripetono rituali assurdi che provocano fastidio agli altri e a loro stessi, ma che non riescono a evitare senza provare una forte ansia. Spesso hanno sistemi di credenze individualizzati o non convenzionali, per esempio credono a “poteri” o percezioni o fenomeni soprannaturali. Il pensiero tipico di questi soggetti viene definito “tangenziale”, cioè allusivo e dispersivo. Capita che talvolta sembrino assorti a “rimuginare” su se stessi.
Sono attratte da misticismo, culti strani, occulto, sette religiose, teorie cospiratorie, UFO e viaggi astrali. Possono credere di avere una missione speciale da compiere.
Credono che tutto ciò che accade dipenda dalla loro influenza. Ogni evento esterno o giudizio espresso da altri contiene un messaggio particolare diretto a loro. Esaminano una banale conversazione alla ricerca dei significati nascosti.
Il modo di parlare è affettato, intellettualizzato, simbolico, pieno di espressioni insolite e difficilmente comprensibili. Il mondo appare loro irreale e lontano, si sentono distanti persino da se stessi.
Queste persone tendono a non avere relazioni sociali e interpersonali significative e difficilmente riescono a trovare lavoro o comunque a mantenerlo nel tempo. Sebbene possano esprimere infelicità per la mancanza di relazioni, il loro comportamento suggerisce che vi sia un desiderio ridotto di contatti intimi.
La loro ansia sociale non si riduce facilmente, anche quando passano molto tempo nell’ambiente o acquistano maggiore familiarità con le altre persone, poiché la loro ansia tende ad associarsi con la sospettosità sulle intenzioni degli altri. Per esempio, quando partecipa a una cena, l’individuo con disturbo schizotipico di personalità non si rilasserà con il passare del tempo, ma piuttosto diventerà progressivamente più teso e sospettoso.
Possono inoltre andare incontro a episodi depressivi e/o psicotici e una certa percentuale di questi pazienti (intorno al 12%) sviluppano la schizofrenia, di solito in una forma meno grave, da cui spesso guariscono.
Le cause del disturbo schizotipico di personalità possono essere ricondotte oltre che a fattori genetici anche alle caratteristiche dell’ambiente familiare. Di solito, i genitori della persona che soffre di questo disturbo sono stati emotivamente distanti, poco accudenti, confusivi nella comunicazione, umilianti. Dal profilo evolutivo emergono esperienze di umiliazione anche da parte di fratelli o coetanei con conseguente difficoltà a fidarsi dell’altro nelle relazioni. Ciò avrebbe contribuito alla costruzione della rappresentazione di sé come incapace e dell’altro come trascurante, umiliante.
Disturbo schizotipico di personalità: criteri diagnostici (DSM 5)
Il disturbo di personalità (in generale) è un pattern abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Questo pattern si manifesta in due (o più) delle seguenti aeree: cognitività, affettività, funzionamento interpersonale, controllo degli impulsi.
Il pattern abituale risulta inflessibile e pervasivo in un’ampia varietà di situazioni personali e sociali e determina disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti. Il pattern è stabile e di lunga durata, e l’esordio può essere fatto risalire almeno all’adolescenza o alla prima età adulta.
Disturbo schizotipico di personalità
- Un pattern pervasivo di deficit sociali e interpersonali caratterizzato da disagio acuto e ridotta capacità riguardanti le relazioni affettive, da distorsioni cognitive e percettive ed eccentricità di comportamento, che inizia entro la prima età adulta ed è presente in svariati contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:
- Idee di riferimento: cioè, la persona crede che eventi insignificanti abbiano particolari significati che la riguardano, ma riconosce che la sua idea è erronea (escludendo i deliri di riferimento: il soggetto crede veramente che le affermazioni o gli eventi la riguardino).
- convinzioni strane o pensiero magico che influenzano il comportamento e sono in contrasto con le norme subculturali (per esempio, superstizione, credere nella chiaroveggenza, nella telepatia o nel “sesto senso”; nei bambini e negli adolescenti, fantasie e pensieri bizzarri).
- Esperienze percettive insolite, incluse illusioni corporee.
- Pensiero ed eloquio strani (per esempio, vago, circostanziale, metaforico, iperelaborato o stereotipato).
- Sospettosità o ideazione paranoide.
- Affettività inappropriata o limitata.
- Comportamento o aspetto strani, eccentrici o peculiari.
- Nessun amico stretto o confidente, eccetto i parenti di primo grado.
- Eccessiva ansia sociale, che non diminuisce con l’aumento della familiarità e tende a essere associata a preoccupazioni paranoidi piuttosto che a un giudizio negativo di sé.
- Non si manifesta esclusivamente durante il decorso della schizofrenia, di un disturbo bipolare o depressivo con caratteristiche psicotiche, di un altro disturbo psicotico o di un disturbo dello spettro dell’autismo.
Disturbo schizoide di personalità: trattamento
Chi è affetto da questo disturbo, spesso non riconosce la necessità di una terapia e raramente chiede aiuto.
Un requisito fondamentale per il successo di qualsiasi terapia è la capacità di instaurare una relazione terapeutica profonda e di fiducia, considerata la difficoltà del paziente schizotipico a stabilire rapporti con gli altri e la frequente presenza di sospettosità e paranoia.
Una terapia cognitivo-comportamentale potrà aiutare il paziente a identificare e modificare pensieri, emozioni e comportamenti disfunzionali e irrazionali. Distorsioni cognitive tipiche di questo disturbo sono quelle del ragionamento emotivo, per cui il soggetto crede che se prova un’emozione negativa allora deve esserci per forza una corrispondente situazione negativa esterna, e la personalizzazione, per cui egli crede di essere responsabile di situazioni esterne senza che ve ne sia motivo.
Insegnare al paziente a valutare con più razionalità i collegamenti tra la realtà effettiva e le sue reazioni può aiutarlo a ridurre la tendenza a trarre conclusioni scorrette riguardo situazioni di vita.
E’ utile anche aiutarlo a migliorare le sue abilità sociali, in modo che possa mantenere con più facilità una rete amicale.
Fattori che sembrano utili nel ridurre i sintomi di questa malattia comprendono relazioni positive con gli amici e la famiglia, nonché un senso di realizzazione a scuola, al lavoro e alle attività extrascolastiche.
Queste esperienze possono creare un effetto protettivo, favorendo, tra le altre caratteristiche positive, fiducia in se stessi, la fede nella propria capacità di superare le difficoltà e il senso di sostegno sociale.
Roberto Gentile (contatti)
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