Dipendenza da shopping compulsivo: lo shopping compulsivo è un comportamento di acquisto guidato da un impulso urgente e irresistibile a comprare, che seppure riconosciuto eccessivo da chi lo mette in atto, viene ripetuto fino a che determina effetti dannosi per l’individuo e per le persone a lui legate.
I soggetti che presentano questo disturbo, soprattutto donne di giovane età, se inizialmente comprano per il piacere che si ricava da un nuovo acquisto, in seguito riportano uno stato di tensione crescente, ed il desiderio di comprare diventa un impulso irrefrenabile.
In seguito all’acquisto compulsivo di oggetti d’ogni tipo, che il più delle volte vengono messi da parte o regalati oppure buttati via, si riscontrano molto spesso sentimenti di colpa e vergogna.
È stata in particolare la studiosa statunitense S.L. McElroy a occuparsi di questo fenomeno, proponendo i seguenti criteri diagnostici per distinguere le persone che praticano lo shopping come una normale attività, da quelle per cui esso assume caratteristiche patologiche:
- La preoccupazione, l’impulso o il comportamento del comprare non adattivi esperiti come irresistibili, intrusivi o insensati; comprare frequentemente al di sopra delle proprie possibilità oggetti inutili (o di cui non si ha bisogno), per un periodo di tempo più lungo di quello stabilito.
- La preoccupazione, l’impulso o l’atto del comprare causano stress marcato, fanno consumare tempo, interferiscono significativamente con il funzionamento sociale e lavorativo o determinano problemi finanziari (indebitamento o bancarotta).
- Il comprare in maniera eccessiva non si presenta esclusivamente durante i periodi di mania o ipomania.
Dipendenza da shopping compulsivo: motivazioni
Riza.it: in questi anni gli studi hanno individuato nel bisogno di gratificazione, nel “premiarsi”, nel bisogno di sentirsi unici e speciali il fattore scatenante.
Si ricorre a forme di appagamento immediato per riempire un vuoto dentro di sé, un vuoto affettivo, un vuoto di conferme, un vuoto fatto di solitudine, anche quando si vive in mezzo alla gente. Eppure questa smania di premiarsi non è un paradosso, ma la logica conseguenza dello stile di vita nel quale siamo immersi, che impone ritmi produttivi altissimi e chiede di essere funzionali ed efficienti, nient’altro. E lo fa in un modo così subdolo da farci credere che i risultati che ci induce a raggiungere e i parametri di efficienza che ci spinge a mantenere siano i veri premi, le vere mete, le vere gratifiche di cui abbiamo bisogno.
Ma la nostra psiche profonda sa che non è così e cerca altre vie. Solo che, non essendone consapevole, si accontenta di una soluzione simbolica: la compulsione all’acquisto, cioè il “non poter non” acquistare qualcosa. Non il pane o l’acqua, ovviamente, ma qualcosa che non serve direttamente, qualcosa che potrebbe costituire un regalo, un lusso, una trasgressione, una ricompensa. Qualcosa insomma che riguardi l’individuo nel suo bisogno non di sopravvivere (il pane e l’acqua), ma di essere riconosciuto come speciale.
Dipendenza da shopping compulsivo: trattamento
Essendo spesso questo disturbo collegato ad altri disagi psicologici, diventa compito dello specialista valutare l’insieme degli elementi a disposizione per formulare una diagnosi il più completa possibile.
Il focus di una terapia cognitivo-comportamentale può basarsi sul rinforzo dell’autostima, sulla compensazione dei sentimenti di insicurezza e di svalutazione di sé, su tecniche di rilassamento e desensibilizzazione sistematica.
Sull’esempio dei gruppi per alcolisti, in America si stanno già organizzando gruppi di Debitori Anonimi, vittime della malattia degli acquisti. Si tratta di una forma di terapia di gruppo ancora in via sperimentale, dove i compratori compulsivi si ritrovano per condividere le emozioni negative (senso di colpa, sconforto) che si provano una volta terminato lo shopping.
Alcune strategie per provare a uscirne da soli:
- Per capire se il problema esiste chiedersi: “riesco a non farlo?” Se la risposta è no, il problema c’è.
- Caratteristica di questo tipo di problemi è l’assenza di memoria di quel che si acquista giorno per giorno: tirare fuori da armadi e cassetti tutto ciò che si è acquistato, osservarlo e calcolarne il costo ci riporta alla realtà e alla constatazione dolorosa dell’inutilità di tutto questo.
- Affidare carta di credito e bancomat a un familiare (o eliminarle), per evitare di esagerare nelle spese. Quando si esce da casa si porta con sé soltanto il denaro (in contanti) necessario alle spese (facendo una lista delle cose da comprare).
- Evitare luoghi e altri fattori che innescano l’impulso: centri commerciali, outlet, accesso ad alcuni siti, visione di alcuni programmi di televendita, persone che attivano il meccanismo, ecc.
- Fare “window-shopping”, cioè limitarsi a guardare soltanto le vetrine, quando i negozi sono chiusi o non portando denaro con sé.
- Quando sorge l’impulso all’acquisto può essere utile distrare la mente con altre attività piacevoli: fare un bagno caldo una passeggiata tra la natura, del volontariato, un’attività fisica, qualcosa di creativo, incontrare un caro amico, 20 minuti di meditazione o yoga, ecc.
- Quando sorge l’impulso, osservare i propri pensieri, le proprie sensazioni ed emozioni e accettarli, accoglierli… senza resistere all’impulso né assecondarlo… limitarsi a osservare senza giudizio ciò che sta emergendo dentro di noi… Dopo poco, l’impulso perderà la sua forza iniziale…
- Chiamare un amico fidato che possa sostenerci in questi momenti…
Roberto Gentile (contatti)
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