Dipendenza da farmaci: la crescente diffusione di uso e abuso di farmaci, rende sempre più grave la situazione legata alla dipendenza da queste sostanze. I farmaci hanno un’azione limitata nel tempo e agiscono sul sintomo di un problema, non alla radice. La terapia farmacologica è solo un rimedio provvisorio di sostegno che prolungato nel tempo procura gravi danni al corpo e alla mente.
Dall’introduzione del libro di Raffaele Morelli “Guarire senza medicine”
C’è qualcosa dentro di me che sa curarmi meglio di qualsiasi farmaco?
Se si risponde di sì a questa domanda, la prospettiva terapeutica cambia completamente. Si aprono porte e percorsi inimmaginabili… Se si risponde di no, se si ritiene che ogni problema fisico e psichico dipenda esclusivamente da un’alterazione chimica, da molecole impazzite, allora è inutile perdere tempo. In questo caso l’unica soluzione è il farmaco: assumiamo una montagna di medicinali, in gran parte per patologie che potremmo curare semplicemente modificando la dieta, usando rimedi naturali e dando spazio all’attività fisica. parlo di diabete, ipertensione, obesità, disturbi articolari e così via. C’è un continuo consumo di farmaci senza precedenti nella storia. Alcuni sono utili, la stragrande maggioranza no.
Per quanto riguarda il disagio psichico, sono 12 milioni gli italiani che usano abitualmente gli psicofarmaci. Ne servirebbero forse meno di un decimo… Secondo una ricerca svolta presso l’università La Sapienza di Roma, una persona su due va dal medico per un problema di origine psicosomatica.
Le malattie psicosomatiche sono quelle per la cui insorgenza sono decisivi la componente emotiva e lo stress: per esempio, cefalea, ipertensione, colite spastica, asma bronchiale, eczemi e psoriasi. Queste malattie spesso vengono affrontate con un carico di psicofarmaci senza senso.
Soprattutto, il consumo di medicine ci ha portato a credere che in noi non esiste un “sapere innato” capace di curarci. Non ci fidiamo più di quelle risorse di autoguarigione che sono sempre state il perno della cura degli antichi. Loro si fidavano dell’uomo, noi confidiamo solo nei farmaci. Siamo in presenza di una “medicalizzazione” globale che si mostra sempre più dannosa. Anche la corsa alla diagnosi precoce alla fine porta soltanto, nella maggior parte dei casi, a discutibili interventi chirurgici o farmacologici. Il prevalere di questo modello, basato su un pressing diagnostico-terapeutico assai aggressivo, ha tolto spazio a qualsiasi altro approccio ai disagi fisici e psichici.
Gli Stati Uniti hanno un triste primato: un recente studio pubblicato dal CDC’S National Center for Health Statistics ha sottolineato come i decessi da abuso di farmaci (in particolare di antidolorifici) siano tristemente al primo posto nella scala della mortalità, superando persino quelli causati dagli incidenti stradali. L’impennata si è avuta a partire dal 2008, quando più di 41.000 americani morirono per “avvelenamento” da farmaci, contro i 38.000 che invece persero la vita sulle strade.
Ormai la medicina si è ridotta a prescrizione di molecole chimiche, e i loro effetti collaterali sono considerati come un male necessario, invece che il “frutto avvelenato” di questa forzatura moderna.
All’abuso di psicofarmaci va aggiunto l’uso indiscriminato di pillole di ogni genere: per combattere la fame, l’impotenza, i dolori, il raffreddore… Non dobbiamo dimenticare i morti causati dal Lipobay, un farmaco per abbassare il colesterolo, o dal Prepulsid, un medicinale contro i disturbi gastroenterici, sospeso dal commercio in Gran Bretagna e ritirato dal mercato USA. Sul banco degli imputati sono finiti inoltre tutti i medicinali contro la tosse e il raffreddore contenenti fenilpropanolamina, accusati di provocare l’ictus.,,
Insomma, la cosiddetta filosofia dell’instant satisfaction, di importazione americana, è anche assai pericolosa per la salute. I farmaci sono diventati un’ambigua “soluzione di pronto effetto” contro mali veri o presunti. Sei depresso? Pillola. Sei obeso? Pillola. Non ti ricordi il nome di un compagno di scuola? Pillola. Hai male da qualche parte? Perché soffrire, prendi subito una pastiglia…
Il consumo di farmaci si è spinto troppo oltre. Abbiamo smesso di credere nelle potenzialità risanatrici della natura, non facciamo più uso di quella qualità spontanea che tutti noi possediamo: la capacità di guarire da soli. L’attuale interventismo medico ha seppellito sotto una “cascata” di pillole le energie autoterapeutiche dell’uomo, cui ormai crediamo molto poco e che utilizziamo sempre meno.
Mi ha sempre colpito il “mistero” che avvolge la guarigione, come se la nostra vitalità avesse una sua intelligenza, capace di arrivare al risultato attraverso percorsi sotterranei.
negli anni ogni medico di buon senso impara che non è lui il protagonista del successo terapeutico: semmai è un semplice attivatore di forze nascoste dove abita quel “principio originale che sonnecchia in ogni essere umano”.
In questa chiave, non stiamo meglio perché abbiamo assunto il farmaco adatto, quanto piuttosto perché la nostra “vitalità intelligente” ha risvegliato quella forza rigeneratrice che risolve la malattia. C’è qualcosa dentro di noi che sa curarci e guarirci.
La chiave di volta per tornare a stare bene senza bisogno di farmaci è recuperare un nostro stile naturale, spontaneo, ritrovando l’originalità che ci appartiene ma che spesso perdiamo di vista. L’eccesso di medicine ci ha espropriato di un diritto che dovrebbe essere inalienabile, quello di essere protagonisti della nostra salute. Ci siamo convinti che non si possa vivere senza farmaci, e questo assunto è all’origine dei fenomeni, che ho appena descritto, di ipermedicalizzazione e abuso di medicinali. A ogni paziente che viene da me, la prima cosa che insegno è l’ascolto: prestare attenzione al disagio, percepirlo, prenderne piena consapevolezza, è questo il farmaco più potente dell’anima.
In ognuno di noi è presente la possibilità di guarire, da intendersi come la capacità di quel “principio intelligente” che ci anima di farci ritrovare la nostra strada. Se da un lato, ammalandoci, esprimiamo un disagio che va ben oltre la lesione biologica, allo stesso modo la guarigione richiede cambiamento, trasformazione, rinnovamento, la creazione di un nuovo equilibrio di tutta la nostra individualità. In questo senso, dovremmo parlare sempre di “auto-guarigione”, perché siamo noi stessi a consentire al nostro principio vitale, con i tempi e le modalità che si sono congeniali, di trovare la soluzione più consona.
Così i concetti di salute e malattia rivelano anche chiavi di lettura diverse da quelle consuete: la perdita della salute è assimilabile allo smarrimento della nostra “rotta” esistenziale, quella della guarigione ruota attorno al nostro principio vitale e alla possibilità che si esprima liberamente. Il segreto dell’autoguarigione è tutto qui… aiutato a volte dalle parole che, come “enzimi”, attivano questo processo.
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