Le origini del gatto domestico, così come lo conosciamo oggi, discendono, secondo gli studiosi, da una sottospecie di gatto selvatico nordafricano chiamato Felis Silvestris Lybica.
Classificazione sistematica del gatto domestico attuale:
- classe: mammiferi
- ordine: carnivori
- famiglia: felidi
- sottofamiglia: felini
- genere: felis
- specie: catus
Tra i primissimi predecessori dell’attuale gatto domestico sono da annoverare: lo Smilodon, detto anche gatto con i denti a sciabola, apparso all’incirca 25 milioni di anni fa, il gatto di Martelli ed il gatto Pallas, la cui comparsa sarebbe avvenuta all’incirca dieci milioni di anni fa. Mentre lo Smilodon mostrava una conformazione molto più simile ad una tigre, sia il gatto di Martelli che il gatto Pallas già presentavano invece una struttura corporea simile a quella dell’attuale gatto.
La presenza del gatto selvatico (Felis Silvestris), dall’indole selvaggia e riservata, viene fatta risalire tra i 900.000 e i 600.000 anni fa. Le glaciazioni e le conseguenti variazioni climatiche lo spinsero verso regioni più interne. Col ritirarsi dei ghiacci, il gatto selvatico restò isolato nei vari continenti dando vita a cinque sottospecie:
- il gatto selvatico europeo (Felis silvestris silvestris)
- il gatto selvatico dell’Asia Centrale (Felis silvestris ornata)
- il gatto selvatico del deserto della Cina (Felis silvestris bieti)
- il gatto selvatico sudafricano (Felis silvestris cafra)
- il gatto selvatico nordafricano (Felis silvestris lybica).
Per dare la caccia all’elevata concentrazione di topi che si era formata grazie allo sviluppo dell’agricoltura nel territorio dove esso viveva (la cosiddetta Mezzaluna Fertile), il gatto selvatico nordafricano (Felis silvestris lybica), si spinse coraggiosamente a una maggiore vicinanza con l’uomo.
Le femmine del gatto selvatico della Libia (o nordafricano) manifestarono la propensione ad occuparsi anche di altri cuccioli mostrando, oltre a una insolita capacità a vivere a contatto con altri gatti selvatici, anche l’inclinazione a essere allevate e nutrite dall’uomo. In tal modo, l’intervento umano, non più quindi soltanto la selezione naturale, iniziò a determinare il modo di comportarsi dei gatti. L’influenza umana generò nel gatto un cambiamento fisico e psicologico che si è sviluppato nel tempo. Ciò nonostante, i gatti mantengono ancora oggi un’indole indipendente, e seppur oramai abituati a un’alimentazione “agevolata”, restano pur sempre dei cacciatori; inoltre sia nella forma che nelle funzioni, l’attuale gatto domestico resta straordinariamente simile ai progenitori selvatici.
Lo sviluppo dell’agricoltura in un territorio che si estendeva dalle sponde del Nilo fino al Golfo Persico, passando per gli attuali paesi del Libano, Siria, Turchia Meridionale, Iraq e Iran favorì la proliferazione e l’addomesticamento del gatto. In quel territorio denominato Mezzaluna Fertile, circa 10.000 anni fa alcuni gatti selvatici locali decisero di spostarsi nei primi insediamenti agricoli creati dall’uomo.
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Origini del gatto: dallo stato selvatico a quello domestico
Non è possibile stabilire con precisione l’epoca storica in cui sia avvenuto il passaggio del gatto dallo stato selvatico a quello domestico, ma le notizie più antiche sull’addomesticamento del gatto provengono proprio dall’antico Egitto. Qui i gatti erano tenuti in grandissima considerazione oltre che per le loro capacità di “disinfestare” e difendere i granai dai roditori e l’uomo da serpenti e scorpioni velenosi, anche per alcune loro caratteristiche quali l’eleganza, l’agilità e la pulizia. Fino a quel momento, infatti, i topi, che erano portatori di epidemie, venivano combattuti con donnole e puzzole, animali assai poco gradevoli.
Proprio dall’Egitto deriverebbero le più importanti testimonianze sullo stretto legame che univa l’uomo al gatto. La presenza del felino in contesti domestici egizi risalirebbe all’incirca al periodo tra il 4.000 ed il 3.000 A.C. Gli Egiziani furono talmente affascinati e conquistati dal gatto da venerarlo come sacro, sviluppandone un vero e proprio culto. Infatti, intorno al 1.000 A.C. gli Egizi associarono il maschio del gatto al dio del sole Ra, forse la più potente divinità Egizia, e la femmina alla dea della fertilità Bastet, raffigurata con la testa di un’affascinante e misteriosa gatta, dallo sguardo seducente ed ammaliante.
Tenere un gatto in casa divenne un’abitudine diffusissima in tutto l’Egitto; la condizione che distingueva il gatto dagli altri animali domestici risiedeva nel suo essere libero, cioè nel suo poter andare e tornare senza impedimenti. Anche le leggi faraoniche tutelavano il gatto, tanto che chi ne uccideva un esemplare rischiava la pena capitale. Persino l’origine del nome “gatto” sembrerebbe derivare dal termine Egizio “qato”; altre teorie tuttavia ne fanno risalire l’origine all’aggettivo latino “cautus” (astuto), oppure al verbo francese “guetter” (spiare).
Gli Egizi vietarono il traffico di gatti ma ciò non impedì la sua diffusione fuori dai loro confini. Sarebbero stati i Micenei a nascondere sulle proprie navi i gatti che poterono così espandersi dapprima in tutta l’area dell’Egeo arrivando poi anche in Europa e in Asia.
Anche gli antichi Romani mostrarono interesse per il gatto, utilizzandolo dapprima per la caccia ai topi, fino a considerarlo poi come animale da compagnia. Inoltre, l’introduzione nell’Impero Romano del culto di Bastet (successivamente identificata con la dea Iside) rinvigorì il culto Egizio del gatto anche nell’antica Roma.
Nel Medioevo la prerogativa di sacralità del gatto scomparve, anzi al contrario esso veniva associato agli eretici, al maligno. Al Papa Gregorio IX viene fatta risalire la dichiarazione che il gatto nero fosse addirittura la reincarnazione di Satana.
Più tardi, in epoca rinascimentale, il gatto domestico fu rivalutato dalla Chiesa, forse anche grazie al Cardinale Richelieu, che era solito accudire numerosi gatti e che fece scandalo per aver lasciato una parte della sua eredità ai suoi amati felini.
Nei primi anni del XIX secolo il gatto divenne un ornamento dei salotti di tutta Europa. La passione era tale che verso la fine dell’800 si organizzarono le prime mostre ed esposizioni feline che favorirono la selezione delle razze che oggi conosciamo. Da quel momento prese corpo l’idea di un gatto un po’ meno sacro ma pur sempre aristocratico e rispettato. Emblematico è il caso dei gatti di Roma, che agli inizi del secolo scorso venivano nutriti dal Comune con delle porzioni di trippa. Quando cospicui tagli di bilancio dovuti alla scarsità di risorse finanziarie non resero più possibile tale pratica, fu coniato il celebre detto “nun c’è trippa pe’gatti”.
Oggi i gatti fanno parte della nostra quotidianità: amati e accuditi nelle colonie feline e nelle nostre abitazioni, rappresentano un simbolo di libertà, autonomia ed eleganza.
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