Ciao Roberto,
per me è confortante sapere che tante persone sono interessate a una crescita spirituale. Ho sofferto per molto tempo per l’impossibilità di condividere con altri l’interesse per la ricerca interiore che è sempre stata molto importante nella mia vita ma che ultimamente sta diventando prioritaria.
A me sembra che a volte la gente si accontenti della facile filosofia new age che parla solo di amore e del pensiero positivo mentre io mi sono sempre sentita più vicina agli insegnamenti “spietati” di Gurdjieff.
C’è chi dice che non c’è alcuna meta da raggiungere, siamo già illuminati solo che non ce ne rendiamo conto perché siamo sommersi da strati di pregiudizi e di false visioni della Realtà e che non dobbiamo fare sforzi ma semplicemente aprire gli occhi. Però per aprire questi occhi secondo me ci vuole uno sforzo enorme! Lo sforzo del Lavoro su noi stessi e il miglioramento di noi stessi! L’uomo, dice Gurdjieff, è pieno di contraddizioni al suo interno ma ha creato degli ammortizzatori per non vedere l’orrore della propria ambiguità e frammentarietà, per continuare a dormire tranquillamente.
Finalmente sento in me il CORAGGIO di allontanarmi dalle cose del mondo e da un genere di vita che non mi appartiene, di andare controcorrente alla ricerca di me stessa. A volte mi spaventa il pensiero che questa possa essere una strada di sofferenza ma mi rendo conto che da quando ho preso questa decisione soffro meno di prima; la mia vita non ha senso se non tende verso la scoperta della Verità in me stessa.
Pensi che la sofferenza sia inevitabile per la crescita spirituale? Grazie
Silvia
Teoricamente, non sarebbe necessario soffrire per la crescita spirituale, ma nel concreto, nel 99% dei casi è inevitabile…
Non ce ne sarebbe bisogno perché basterebbe comprendere di essere Uno per sov- vertire in un attimo la prospettiva da cui guardiamo le cose…
Del resto, questa Comprensione ha la possibilità di venire alla luce quasi esclusivamente dopo estenuanti e dolorose battaglie interiori in cui l’ego dovrà perdere la maggior parte delle sue truppe d’assalto…
È normale che i messaggi dei Maestri e dei Saggi possano apparire ambigui o contraddittori. A volte affermano che duro Lavoro e sofferenza sono necessari, a volte che è sufficiente un lampo di “comprensione” per illuminarsi. Il fatto è che chi ha già lavorato molto su se stesso potrebbe aver bisogno soprattutto di sentirsi ripetere che tutto è già perfetto, tutto è Uno, e che non c’è niente da dover raggiungere. Altri, ancora intrappolati nelle strette maglie della falsa personalità, hanno bisogno ancora di vincere qualche battaglia contro i propri automatismi prima di essere pronti a guardare negli occhi la Realtà e a sostenere il Suo sguardo…
E nel lavorare su noi stessi, incontrare il dolore è inevitabile, perché la nostra Essenza, con cui dobbiamo rientrare in contatto, è circondata dalla sofferenza che si è formata soprattutto nei primi anni di vita, a causa di genitori inadeguati, costrizioni sociali, cultura, eventi sfortunati, ecc…
Come spiega molto bene Almaas (“Il cuore del diamante”), quando, soprattutto durante l’infanzia, perdiamo alcune qualità della nostra Essenza (a causa di traumi, o per mancanza di amore, di apprezzamento, ecc…) si formano come dei “buchi” nel nostro vero Sé, e passiamo tutta la vita a cercare (inutilmente) di riempire questi vuoti con “materiale esterno” (relazioni d’amore, prestigio, successo) per tentare di placare quelle forti mancanze che avvertiamo…
Ma è impossibile soddisfare i nostri bisogni attraverso il raggiungimento di obiettivi esterni, perché le mancanze che avvertiamo sono dovute esclusivamente alle parti di Essenza andate “perdute”. Per sentirci realmente appagati, realizzati, l’unica strada percorribile è quella di reintegrare le parti di Essenza mancanti…
E per riuscirci, quando percepiamo la mancanza, il dolore del vuoto, non dobbiamo affrettarci (per evitare l’angoscia) a cercare di riempire il buco con “oggetti” esterni per procurarci un po’ di temporaneo sollievo, ma con coraggio e determinazione dobbiamo sforzarci di rimanere in contatto con il dolore il più a lungo possibile, perché soltanto in questo modo, rimanendo vicini a quel vuoto e a quella sofferenza, daremo modo e tempo alla nostra Essenza di riempire la parte mancante con l’unica “Sostanza” che può realmente e definitivamente colmare i nostri vuoti e donarci quella gioia e quel senso di appagamento che inseguiamo da sempre…
Ciao Silvia 😀
Roberto (contatti)
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