Il massiccio bombardamento di regole, convenzioni e indottrinamenti cui siamo sottoposti fin dai primi anni di vita intacca la capacità naturale del nostro essere di essere gioiosi e felici, mentre parallelamente si formano strati su strati di false credenze e pregiudizi che fanno mancare l’aria alla nostra anima, togliendole il respiro.
Noi abbiamo familiarità esclusivamente con la felicità e l’infelicità legate all’ego. Abbiamo perduto la capacità di godere della gioia naturale, appagante, stabile, che è parte integrante del nostro essere.
Conoscendo unicamente tale tipo di pseudo-felicità – una sorta di euforia, di eccitazione passeggera – non possiamo far altro che tentare di procurarcene in misura sempre maggiore. Ma questa felicità, oltre ad essere soltanto un sottoprodotto della vera gioia, è anche unita indissolubilmente al dolore: se la tua gioia dipende dall’approvazione degli altri, la loro disapprovazione ti renderà triste. Sarai semplicemente un inerme burattino di cui gli altri tireranno i fili.
La chiave risiede nel rinunciare deliberatamente alla felicità legata all’ego per ritrovare la gioia che ci appartiene per diritto di nascita, quella indipendente dal giudizio altrui, e da cui soltanto la mancanza di comprensione ci separa.
Pur se a uno sguardo disattento può apparire una scelta illogica, essendo l’unica forma di felicità che conosciamo, dovremmo compiere ogni sforzo per tentare di conseguire un atteggiamento di indifferenza al giudizio positivo degli altri (allo stesso tempo giungerà anche l’indifferenza al giudizio negativo). Grazie anche a questo, riattiveremo la connessione con il nostro essere e percepiremo di nuovo chiara in noi la gioia naturale di cui è costituita la nostra essenza. Rinunciando alla “felicità” egoica che conosciamo, rientreremo in contatto con la gioia naturale del nostro Sé autentico.
La felicità è già dentro di noi, non dipende da situazioni esterne.
Alcune volte raggiungiamo gli obiettivi esterni che ci eravamo prefissi e crediamo che pace e felicità (di breve durata) che ne conseguono dipendano dall’aver raggiunto ciò che desideravamo. Ma la verità è un’altra. Raggiunto il nostro obiettivo, per un po’ smettiamo di pensare che manchi qualcosa alla nostra vita, ci rilassiamo, e permettiamo alla nostra gioia e serenità interiori, prive di causa, di emergere… La felicità dipende dalla sensazione temporanea che ora non manchi nulla alla nostra vita… dall’interruzione momentanea di ogni ricerca… Ci rilassiamo e l’ego per un po’ si fa da parte… E’ una mente calma che ci dona pace, non l’appagamento del desiderio in sé.
Poco dopo, però, la mente riprenderà le sue sciocche e inutili ricerche di perfezionamento e noi perderemo di nuovo il nostro stato naturale d’amore, che permarrebbe immutato se smettessimo di attribuire importanza alle richieste insaziabili di perfezionamento della nostra identità egocentrica e tornassimo a fluire e a giocare con l’esistenza, liberi da ogni senso di mancanza, coscienti della nostra perfezione inalterabile…
Il punto essenziale è: avere obiettivi genera ansia, non averne produce rilassamento. Il segreto consiste nel trasformare ogni obiettivo in preferenza, in modo che le sue caratteristiche ansiogene vengano neutralizzate. Gli obiettivi, pena frustrazioni e sofferenza psicologica, “devono” essere raggiunti. Le preferenze corrispondono a desideri che è piacevole veder realizzati, ma che non provocano sofferenza in caso contrario…
Osho: Una nuvola bianca non ha una strada propria, non resiste, non lotta, si lascia trasportare dal vento. Non va da nessuna parte, non ha destinazione, non ha un fine. Non riuscirai mai a deludere una nuvola bianca perché dovunque essa arrivi, quella è la meta.
Quando tu hai un fine sei contro il Tutto, e sarai certamente frustrato, perché non si può vincere contro il Tutto.
Roberto (contatti)
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