Ti si sono aperti tutti i chakra e stai fluendo in sincronia perfetta con l’esistenza? Senti l’amore cosmico che ti fa salire la kundalini? Sei certo di essere a un passo dall’illuminazione? Senti energeticamente, dici che tutto è Uno, vedi le vite passate, hai preso 23 livelli di Reiki e hai 5 nomi sannyasin? Sei convinto che il mondo sia un’illusione e te ne freghi di tutto?
O hai davvero qualcosa da insegnarci, o com’è più probabile, ci sei davvero dentro fin sopra il collo.
Sei infettato dall’ego spirituale, un altro astuto nemico sulla strada verso la vittoria.
L’ego spirituale è una delle più astute maschere dell’Io.
È l’uso e il consumo di tutto ciò che è “spirituale” per la gratificazione dell’ego. È il nuovo vestito di quel vecchio ego che prima faceva classifiche mondane e misurava chi era il più figo, ma ora vuole accumulare cose nel mondo dello spirito.
Però il cattivo odore dell’ego è sempre lo stesso.
Solo che adesso vuole farsi bello con conquiste interiori, cambiamenti metafisici, seminari che danno i superpoteri, terapie che guariscono da tutti i problemi, ricette belle e fatte sulla felicità permanente.
L’ego spirituale non guarda in faccia a nessuno, anche se spesso le sue prede preferite sono le persone sensibili, idealiste, sognatrici.
L’ego spirituale è subdolo e pericoloso, perché meno visibile, molto astuto e più difficile da smascherare. Cerca di pompare la tua presunta intelligenza e la tua cosiddetta saggezza spacciandoli per verità e alla fine ci caschi anche tu. Le persone in preda all’ego spirituale sono in genere anime belle che cercano rifugio dal loro disagio in quello che ritengono il mondo dello spirito.
Non bisogna dimenticare che la stragrande maggioranza delle persone arriva a un percorso “spirituale” perché avverte sofferenza e disagio, perché è in crisi, perché è confusa; e questo è sacrosanto, naturale.
Essere in crisi è la porta di accesso al cambiamento e all’evoluzione, e tutti, prima o poi, passiamo di lì.
Ma a volte ci si attacca forzatamente anche alle nostre presunte conquiste interiori per paura di restare vuoti e senza appigli. Dopo che hai sofferto trovi un insegnamento o qualcosa che ti fa stare bene: pensi di essere arrivato, di aver trovato la chiave, “the secret”, e ti dici: finalmente, ora ho capito! Così rischi di cristallizzarti in una nuova identità spirituale.
Dietro c’è il bisogno di considerazione e di approvazione, e la voglia di fuggire dalle cose che non hai risolto.
Indossare il nuovo vestito spirituale è una nuova bellissima e illusoria sicurezza: ti senti maggiormente accettato, ti piace avere un certo tipo di potere (io ti posso guarire!), di conoscenza, di amicizie, o un nuovo nome spirituale; senti che puoi avere le risposte, ti senti più utile, figo, sicuro, protetto, arrivato.
Non c’è niente di male, ma è sempre il giochino dell’ego che prima o poi si romperà, e tu dovrai fare i conti con quelle cose che ti hanno legato all’ego spirituale: la ricerca di sicurezza, di potere, la paura di non essere accettato, il bisogno d’amore, la mancanza di senso, il dolore e l’angoscia, il desiderio di essere visto.
Ecco che il mondo spirituale ti offre una meravigliosa occasione: prendi otto iniziazioni, fai diecimila corsi diversi cercando di risolverti, vuoi l’illuminazione in tre giorni, cerchi nelle presunte coincidenze la conferma a una tua credenza, leggi 10.000 frasi spirituali senza metterne in pratica nemmeno una.
Vuoi diventare qualcuno nel mondo dello Spirito, ma attento, perché se incontri un vero Maestro diventerai Nessuno.
Il grande pericolo di tutte le esperienze mistiche – esperienze di illuminazione, liberazione, e così via – è che verranno utilizzate dall’ego e trasformate in materiale usato dall’ego per i suoi fini.
Quando il contesto della vita di un individuo è l’auto-referenzialità egoica – vale a dire che l’identificazione è con l’ego come unità separata – le esperienze mistiche, i momenti di illuminazione, le credenziali spirituali, diventano tutti beni potenzialmente pericolosi.
La “valuta” della verità può essere velocemente scambiata per la valuta dell’ego, e tali esperienze ben presto diventano un altro ancora dei mezzi dell’ego per rafforzare il suo potere nella sua lotta contro la vera liberazione. L’ego può tentare e tenterà di trasformare tutto a suo beneficio. Ecco perché l’ambito delle esperienze mistiche e di illuminazione è così pericoloso. È proprio perché il loro valore è così alto per il sé essenziale che tali esperienze sono così interessanti, e anche minacciose, per l’ego. L’ego vuole fortificarsi, e vuole anche bloccare efficacemente la liberazione che percepisce come la propria fine.
Perciò, diventare un “ego spirituale” è un travestimento geniale attraverso cui infiltrarsi nella vita spirituale sincera dell’individuo e sedurre la sua attenzione distogliendola dalla Verità o da Dio. (M. Caplan)
Anche l’esperienza della cosiddetta illuminazione (così ambita dall’ego spirituale) è sostanzialmente un’illusione egoica.
Non che non esista l’illuminazione, ma l’ego non si può illuminare, quindi da questo punto di vista tu in quanto identità non ti illuminerai mai. Il tuo ego vuole una cosa per la quale è necessaria la sua morte e quindi volersi illuminare è una contraddizione in termini.
La parola “spirituale” è una parola molto pericolosa, che ha creato spesso divisioni e fraintendimenti, e che io a questo punto abolirei e la sostituirei con naturale. Ecco, non mi diventare spirituale, diventa naturale!
Scopri il tuo essere vero autentico selvaggio musicale, libero, incondizionato, ignoto.
Non ti atteggiare da quello che ci ha capito qualcosa. Lo sappiamo tutti che non sai niente! Sii quel niente!
Una autentica ricerca spirituale ti mostra l’illusione dell’identità personale, ma allora come farai a far cadere la tua identità spirituale? Se sei un praticante spirituale, un maestro di meditazione, un grande ricercatore della via, un terapeuta dello spirito, un facilitatore olistico, un sannyasin o un religioso fervente, sei potenzialmente più nei casini che se fossi uno spazzino o un pizzaiolo.
A un certo punto il giudice interiore ti romperà le scatole dicendoti: ma sono anni che ti occupi di queste cose, e guarda: non ti sei illuminato, ogni tanto stai da culo, a volte non sai che pesci pigliare, dio non sai dove sta di casa, e pretendi di aiutare gli altri e di mostrare loro la via?
Oppure sarai così su di giri al pensiero di essere su un percorso spirituale da pompare l’ego finché non scoppia come un palloncino.
Spesso si fugge dal dolore e dalla sofferenza attraverso qualcosa di spirituale, ma a volte proprio il dolore e la sofferenza sono ‘’spirituali’’, nel senso che possono essere preziosi strumenti per comprendere, evolvere, amare.
Stare con quello che c’è non è facile, ma è prezioso, disarmante, ed è la chiave del vero cambiamento.
Se smettiamo di cercare, cosa ci resta? Ci resta ciò che è sempre stato qui, al centro. Dietro alla ricerca c’è l’angoscia, c’è il disagio. Quando lo capiamo, vediamo che il punto non è la ricerca, ma l’angoscia e il disagio che spingono a cercare. Capire che cercare all’esterno non è la via, è un momento magico. Ci rendiamo conto che qualunque cosa cerchiamo, saremo sempre delusi.
(C. Joko Beck)
Se vai alla radice, se hai il coraggio di non prenderti per il culo, se vai a guardare come ti manipoli, se riconosci con coraggio come e quanto ti sei voluto ingannare, se lasci bruciare il tuo cuore in fiamme, se attraversi con pienezza quel dolore…allora diventi sempre più leggero e la luce inizia a filtrare.
L’unica Vera spiritualità è la totale autenticità verso ciò che sta accadendo nella tua Vita in questo momento.
Alleluia.
(Tratto dal Manuale del partigiano zen)
Allentare la morsa dell’ego
“Non c’è speranza” dice Susie teatralmente “Ho passato tre ore ieri a insegnare a mio zio a usare l’ipod. Poi, per il resto del giorno, mi sono congratulata con me stessa per avergli dedicato del tempo, e di essere un’insegnante così brava. Mio zio, invece, va dicendo a sua moglie che gli ho confuso le idee. Adesso sarei capace di ucciderlo Ed è tutto ego! Non posso sopportarlo!
Da quando la conosco, Susie parla dell’ego come i fondamentalisti parlano del peccato. L’ego, direbbe con veemenza, è il principale nemico, il vero Satana, la fonte di tutto ciò che non le piace di sé – l’invidia, il bisogno bruciante di avere riscontro per ogni piccolo favore che fa alla gente, il desiderio di essere amata come persona, semplicemente per se stessa. Cercando di reprimere le impronte dell’ego sulla sua personalità, si è assoggettata a lunghe ore di pratica e servizio disinteressato, si è messa nelle mani di maestri specialisti nella fermezza a fin di bene, ed è passata attraverso dozzine di diete purificanti. Il momento peggiore è stato, dal mio punto di vista, il suo periodo di “santità” quando se ne andava in giro trasudando una tale forzata umiltà, che sua figlia, dodicenne, la implorava di agire normalmente. Ancora adesso Susie non fa un complimento senza dire prima qualcosa tipo “non voglio alimentare il tuo ego, ma…”
Questo pomeriggio, però, Susie mi dice che ha deciso che è inutile. Non importa quanto ci combatta, il suo ego rifiuta ostinatamente di scomparire. Al contrario, si manifesta in nuove forme.
Ha finalmente capito che combattere l’ego è come affondare in una gelatina appiccicosa o cercare di scappar via dalla propria ombra. Più pensi di essergli sfuggito, più ti si incolla.
È il paradosso che i cercatori spirituali hanno cercato di superare per miliardi di anni: l’ego ama ogni forma di auto-perfezionamento. L’ego cerca sempre di vincere la sua partita e guarda alle pratiche spirituali come valore aggiunto alla sua strategia di espansione. In particolare, l’ego gradisce i progetti per sbarazzarsi di lui. L’ego sarà seriamente d’accordo su lasciarsi fare a pezzi. Poi salterà su come un pezzo di pane semi-tostato e si presenterà a te, quasi a dire: “Guardami, non sono praticamente scomparso?”
Di fatto, un ego davvero sofisticato è un maestro nel camuffarsi in qualcosa d’altro – come il vostro sentimento di ingiustizia, ad esempio, o la voce sottile di yogico distacco, che vi dice che non è il caso di cedere davanti ai bisogni emotivi della vostra fidanzata. L’ego si può addirittura travestire da testimone interiore, e osservarsi senza fine, congratulandosi compiaciuto per essere sfuggito alle sue stesse trappole.
L’estrema ironia, qui, è che l’ego in realtà non esiste. Ai maestri buddisti e vedantici piace dire che l’ego è come l’azzurro del cielo o il miraggio che ci fa vedere una pozzanghera nel mezzo di un’arida autostrada. È un’illusione ottica, un semplice errore sulla via della identificazione di noi stessi. Ecco perché combattere l’ego è come fare a pugni con il proprio riflesso nello specchio. (O, come era solito dire il mio Guru, come cercare di sbarazzarsi di una cosa che non si ha). Ora che i neurobiologi sembrano aver ridotto il senso di identità ad una coppia di neurotrasmettitori, sembra ancor di più che l’ego sia una sorta di meccanismo involontario, qualcosa che va al di là del nostro controllo, come il battito del cuore o il processo che ci permette di respirare mentre dormiamo.
La tradizione dello yoga parla di un ego a numerosi stadi. A livello puramente funzionale, l’ego fa semplicemente parte del nostro apparato psichico interno (antahkarana), il meccanismo che genera la nostra esperienza interiore. La funzione dell’ego è quella di stabilire i nostri confini come individui. In sanskrito, la parola per ego è ‘ahamkara’ che significa ‘colui che fa l’io’. È il lavoro dell’ego differenziare tra la massa di sensazioni che ci pervengono a ci dicono che una particolare esperienza appartiene a un fascio di energia che chiamiamo ‘me’. L’ego identifica un senso di fame come ‘mio’ così che sappiamo quando nutrire il corpo. Quando un Tir sfreccia per la via, l’ego ti dice che ‘tu’ devi gettarti da parte. L’ego raccoglie anche le esperienze passate, come quella volta che hai cantato da solista ‘A Very Precious Love’ davanti ad un’assemblea di una classe di quinta elementare e sei stato fischiato. Quindi, nel bene o nel male, l’ego paragonerà la situazione attuale con ciò che accadde nel passato, così che la prossima volta che sarai tentato di cantare una canzone d’amore di fronte ad un gruppo di ragazzini di dieci anni, qualcosa ti dirà di dimenticartelo.
Questo tipo di cose sono l’ego che fa il suo lavoro più basico. Sfortunatamente, all’ego piace estendere il suo ‘portfolio’. La sua funzione di memoria, per esempio, può bloccarsi dentro cattive esperienze e tramutarle in una spirale di feedback negativo, così le ferite passate e le memorie dolorose si insediano nelle vostre cellule e diventano blocchi invalidanti nel corpo e nel cervello. Questa è la parte negativa del secondo aspetto dell’ego, la falsa identificazione.
Questo – nella tradizione dello yoga è chiamato asmita – è l’ego con una cattiva reputazione. Asmita è lo spiritello maligno che si afferra ad ogni pensiero, opinione, sentimento ed azione che arriva alla consapevolezza e lo identifica come ‘io’ e ‘mio’.
Anni fa, vicino a Santa Cruz, in California, un membro dei vecchi Hell’s Angels, la gang di motociclisti, ingaggiò una lotta con un turista che si trasformò in una rissa collettiva. Quando gli chiesero che cosa aveva scatenato la sua collera, l’Angel dichiarò: “Ha toccato la mia moto. Uomo, tocchi la mia moto, tocchi me!” Questo può sembrare un esempio fuori dal comune di ciò che i testi yogici chiamano “identificare il sé con i suoi limiti”, ma, in realtà, non è così diverso da ciò che noi, cosiddette persone razionali, facciamo. Magari tu non ti identifichi con la tua moto, o macchina, ma certamente ti identifichi con i tuoi pensieri, opinioni e sentimenti, per non parlare del tuo lavoro e dei tuoi svariati ruoli sociali. Il tuo ego può essere investito nelle tue abilità mondane, nella tua calma o, come Cindy, nella capacità di agire nelle tue schermaglie lavorative quotidiane. Finché è questo il caso, sarai obbligato ad andare su e giù con le maree giornaliere, letteralmente costretto da colui che pensi di essere.
È questa tendenza a identificarci con i nostri pensieri e sentimenti nei confronti di noi stessi e del mondo che crea il problema dell’ego. Se noi fossimo capaci di lasciare che i pensieri e i sentimenti ci attraversassero, o se ci potessimo identificare unicamente con la nostra funzionalità corporea, non dovremmo sprecare delle ore a preoccuparci della forma delle nostre cosce! Non dovremmo sentirci offesi, o curare i nostri sentimenti feriti, o preoccuparci del tempo, o che non siamo belli abbastanza, degni abbastanza o forti abbastanza. In breve, non dovremmo passare il nostro tempo cavalcando l’altalena delle emozioni, che fa da sfondo ai giorni della maggior parte della gente.
Il mio Guru, Swami Muktananda, era solito dire che il nostro reale problema con l’ego è che non è abbastanza grande. Diceva che noi ci identifichiamo con il nostro sé apparente, il nostro piccolo sé, il sé limitato dal corpo e dalla mente, quando dovremmo invece identificarci con ciò che è pura Coscienza, potere e amore e che vive nel cuore di ognuno. Per quanto lo riguardava, non c’era scopo a cercare di sbarazzarsi dell’ego. Piuttosto, ci insegnava a espandere la nostra identificazione con esso, in altre parole, a identificarci col Tutto, col puro Spirito, anziché col particolare.
Un ego realmente sano, a suo dire, dovrebbe essere uno che fa comodamente il suo lavoro di creazione dei necessari confini, e ci permette di funzionare come individui sul piano terreno. Ma, piuttosto che vedersi imprigionato dalla personalità o identificato coi suoi pensieri ed opinioni, questo ego dovrebbe conoscere il vero segreto, cioè che il ‘me’ che chiama se stesso Jane o Charlie, è appena la cima dell’iceberg di qualcosa pieno d’amore e libertà che vive come ‘me’: lo Spirito stesso, la Presenza nel cuore del tutto… e, al tempo stesso, niente del tutto. In altre parole, quell’ego non dovrebbe restare impigliato nell’identificarsi in un piccolo conteggio di guadagni e perdite. Dovrebbe sapere, come Walt Whitman, che noi conteniamo moltitudini.
Quando l’ego allenta la sua presa – anche se poco – il senso di libertà è esponenziale.
(Sally Kempon)
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