Bulimia testimonianzeBulimia testimonianze: un testo tratto dal libro “Finalmente liberi dal cibo”, di Renate Göckel, psicologa che si occupa da anni della terapia di donne afflitte da bulimia.

“Un giorno arriva il cosiddetto “ultimo avvertimento”, segnale che, per quanto doloroso, permette alla donna di osservare per la prima volta la propria vita con lucida consapevolezza. Lo scossone la porta a concludere che a quel modo non può continuare.
E’ un momento particolarmente difficile e non tutte lo superano. Mentre alcune capiscono di aver bisogno d’aiuto e di non poter risolvere da sole i loro problemi, altre si sentono completamente abbandonate a se stesse e tentano di togliersi la vita. A questo punto molte donne sono pronte a mettere in discussione la propria esistenza fino a quel momento. E’ l’inizio della svolta. Imparano a trattare se stesse e la propria vita in modo diverso. Lentamente e con cautela imparano a usare i gomiti e la voce in modo da farsi ascoltare. Sviluppano i muscoli per lottare con tutti coloro per i quali erano colleghe, partner, madri, sorelle e amiche così disponibili. Gli attacchi di fame scompaiono a poco a poco.


Quella severa ragionevolezza e quella vorace instabilità che le tormentavano in eguale misura pian piano s’incontrano e questo incontro permette di giungere a una sorta di compromesso che consente alla donna di vivere. Aumenta il rispetto verso se stessa.
Raggiungere se stessi e la lealtà verso la propria persona, sono contributi decisivi al processo di guarigione.

Ci si comincia a dire: “devo chiarirmi perché mangio e quale sforzo cerco di evitare ricorrendo al cibo; devo scoprire quali sentimenti non riesco a tollerare, visto che li rimuovo mangiando; devo poi riuscire ad accettare a poco a poco questi sentimenti e sopportarli. E un poco alla volta devo imparare a reagire in modo diverso, senza ricorrere al cibo. E sarà tanto più facile quanto più spesso ci riuscirò”.

L’ultimo avvertimento è un monito severo che rende evidente la necessità di mutare radicalmente qualcosa nella propria esistenza, per sfuggire alla catastrofe. Non sempre l’ultimo avvertimento ha un effetto salutare immediato. Alla maggior parte dei bulimici occorrono vari richiami prima di cominciare a cambiare qualcosa. Tutti coloro che hanno sviluppato una dipendenza sono maestri nel mentire a se stessi.

Il momento in cui si riceve un avvertimento è un attimo di profondo sconvolgimento. In noi affiorano pensieri che non si lasciano più reprimere.
L’ultimo avvertimento non deve essere necessariamente drammatico. Così è possibile tornare in se stessi quando finisce un rapporto, o grazie a un libro che ci apre gli occhi.

Il passo più importante che deve seguire lo sconvolgimento e la resa incondizionata è quello di assumersi la responsabilità della propria vita e in particolare della propria guarigione. Anche decidere di non vomitare più significa assumersi la responsabilità del proprio comportamento. Tina, Gudrun e Adele hanno avuto la forza di rinunciare spontaneamente a provocarsi il vomito.
Non tutti sono così forti e per molti cibo-dipendenti è difficile accettare un aiuto perché non ammettono di avere delle debolezze e non vogliono apparire bisognosi.

L’ultimo avvertimento è doloroso ma motiva ad avviare un processo di sviluppo”. […]

“Chi mangia troppo, non ha che da sforzarsi e mangiare di meno”; “Chi non riesce a limitarsi ha scarsa volontà e dovrebbe mettersi a dieta”.

Se siete bulimiche e credete ancora che queste frasi corrispondano al vero, vuol dire che avete ancora molto da imparare sulla vostra malattia. Avrete già perso molti chili, per poi aumentare di nuovo di altrettanti. E continuate a sperare che un domani vi comporterete in modo del tutto diverso, e che una volta raggiunto il vostro peso forma, tanti problemi scompariranno.


Le donne che sono riuscite davvero a liberarsi dagli attacchi di fame, hanno invece agito in tutt’altro modo:

– hanno capito che continueranno ad avere i loro problemi, anche se dimagriscono;
– hanno capito che la loro non era fame di dolci, ma di vita, di amore, di riconoscimento, di gioia di vivere, di felicità, di leggerezza, di spensieratezza, di creatività, di cambiamento;
– a partire da un avvenimento decisivo – ad esempio una malattia, la morte di una persona cara, la nascita di un bambino, l’impossibilità di lavorare, una separazione – hanno cambiato la propria vita;
– hanno trovato il coraggio di uscire dall’isolamento e di parlare del proprio problema con altre persone come loro;
– malgrado le resistenze dell’ambiente che avevano intorno, sono riuscite a cambiare lavoro o compagno, a vivere sole, ad andare all’estero, a rendersi indipendenti, ad andar via di casa.

Il fatto che siano riuscite a dare una sterzata alla propria vita non è dovuto a un unico atto di volontà, bensì è il risultato di un lungo processo di sviluppo. Queste donne hanno imparato:

– a dire no alle aspettative e alle richieste degli altri;
– a considerare criticamente le norme dei loro genitori e a svilupparne di proprie;
– a prendere finalmente coscienza di sé, dei propri bisogni e desideri;
– a trovare il coraggio di difendere le proprie scelte, anche se gli altri le considerano sbagliate;
– a capire che devono pensare in primo luogo a se stesse, perché è la loro vita e devono viverla nel modo a loro più consono. Tutte le energie che prima spendevano per mangiare, autoaccusandosi o progettando nuove diete, ora le impiegano per vivere”.

Bulimia testimonianze: libri di Renate Göckel

Il primo saggio di Renate Göckel dedicato al tema dei disordini alimentari è “Donne che mangiano troppo”.

Alcune citazioni:

“La donna bulimica accetta solo la propria immagine perfetta e rifiuta il vero Io, che quasi nemmeno conosce e di cui teme il manifestarsi”.

“Le donne che soffrono di disturbi alimentari temono di essere scoperte. Hanno bisogno di distanza proprio per non essere viste come in realtà sono: esseri fragili, bisognosi, con il terrore di essere respinti e di non ricevere ciò che desiderano”.

“Nella sessualità emerge chiaramente il principio cui obbediscono le donne che mangiano troppo: sopportare, reprimere il proprio desiderio o l’assenza di desiderio e al tempo stesso sforzarsi fingendo una voglia che immaginano ci si aspetti da loro. In questo modo credono di avere tutto in pugno”.

“Il cammino è la vita reale o, come dice un proverbio cinese: «La via è la vita». Per i bulimici è l’opposto: vorrebbero raggiungere la meta possibilmente subito e con sicurezza e saltare il cammino, cioè la vita”.

“Tra le donne bulimiche che ho conosciuto non ve ne era una che non avesse sperimentato l’ambiguo, contraddittorio messaggio materno: «Sii come me, e diversa da me”.

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