Anticorpi anti citomegalovirus: Il citomegalovirus (CMV) è un virus che causa un’infezione di per sé non pericolosa, dai sintomi leggeri, che spesso non ci si accorge nemmeno di avere contratto.
Se, durante la gravidanza, ci si ammala per la prima volta, i rischi di contagiare il nascituro sono molto bassi, ma, se questo avviene, il pericolo per il bimbo potrebbe essere serio, soprattutto se l’infezione è avvenuta nei primi 4-5 mesi della gravidanza.
Per capire se si è già contratta in passato o se vi è un’infezione in corso, si fa un esame del sangue, che ricerca la presenza due tipi di anticorpi, detti immunoglobuline: le IgG e le IgM.
Anticorpi anti citomegalovirus: IgG e IgM
Le IgM sono gli anticorpi che si producono nella fase acuta della malattia, quindi sono rilevabili da subito; restano attivi per tutta la durata dell’infezione, dopodiché i valori scendono progressivamente, ma la loro presenza continuerà ad essere rilevata nel sangue ancora per 3-4 mesi circa (anche se a volte ci sono casi di persistenza della IgM).
Le IgG si iniziano a produrre solo 1-2 settimane dopo che è avvenuta l’infezione, ma resteranno presenti nel’organismo per tutta la vita, come ‘memoria’ dell’infezione avvenuta, e per questo saranno sempre rilevabili nel sangue.
Anticorpi anti citomegalovirus: referto
Sul referto medico troverete riportati sia i valori di IgG che di IgM. Accanto ai risultati, sono indicati i valori di riferimento utilizzati dal laboratorio: al di sopra di quei valori, il risultato è positivo, al di sotto, negativo.
Ogni laboratorio di analisi utilizza propri valori di riferimento, dunque, per una precisa lettura del referto è meglio rivolgersi al proprio ginecologo.
Anticorpi anti citomegalovirus: possibili esiti del test
– IgM e IgG entrambe negative (cioè inferiori ai valori di riferimento indicati dal laboratorio): vuol dire che la donna non ha mai contratto l’infezione. Questo significa che dovrebbe prestare attenzione a certe norme igieniche di prevenzione, soprattutto se ha contatti frequenti con bambini piccoli, più soggetti ad ammalarsi.
– IgM negative e IgG Positive: vuol dire che la donna ha già contratto il Citomegalovirus in passato ma non ha un’infezione in corso. È il caso più rassicurante, perché, se anche la gestante dovesse infettarsi di nuovo, si tratterebbe di un’infezione secondaria, molto meno rischiosa rispetto a quella primaria (cioè contratta per la prima volta in gravidanza).
– IgM positive e IgG negative: sta ad indicare che la donna non ha mai contratto l’infezione in passato ma l’infezione è adesso in corso. È un’evenienza davvero rara, poiché significherebbe che si è fatto l’esame proprio nel momento iniziale dell’infezione, quando le IgG non hanno ancora fatto in tempo ad attivarsi. Ma è anche la situazione più pericolosa, poiché evidenzierebbe un’infezione molto recente. Va sottolineato, comunque, che se le IgM risultano positive è sempre necessario ripetere un secondo test di conferma in un centro specializzato.
– IgM positive e IgG positive: vuol dire che l’infezione c’è stata e potrebbe essere ancora in atto, così come potrebbe significare che è avvenuta fino a 3-4 mesi prima, visto che, come abbiamo detto, le IgM impiegano 3-4 mesi prima di diventare negative.
In tal caso, è indispensabile cercare di sapere con la maggior precisione possibile quando si è contratta la malattia, e questo è possibile con un esame chiamato test di avidità: può darsi infatti che l’infezione risalga al periodo del preconcepimento e quindi si può stare tranquille. In caso contrario, un’amniocentesi consentirà di sapere se l’infezione è passata al bambino.
(Fonte: Irene Cetin, responsabile dell’Unità operativa di ostetricia e ginecologia presso l’Ospedale luigi Sacco di Milano; nostrofiglio.it)
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