Il tetano è una tossinfezione causata dal Clostridium tetani, un microrganismo gram-positivo, sporigeno e, molto importante, anaerobio stretto (in assenza di ossigeno, attecchisce).
Il Clostridium tetani produce diverse esotossine. Di queste, una è responsabile dei tipico quadro clinico: la tetanospasmina, una sostanza termolabile (che viene cioè distrutta dal calore).
La tetanospasmina è estremamente tossica. Per determinare il quadro patologico, bastano minime quantità, che sono invece quasi sempre insufficienti a stimolare le risposte anticorpali; per questo la malattia non dà, in genere, immunità. Questa esotossina è molto tossica per tutti i mammiferi, lo è molto meno per gli uccelli, non lo è per gli animali a sangue freddo.
La forma vegetativa del Clostridium ha capacità di resistenza agli agenti chimici e fisici pressappoco uguale alle forme vegetative degli altri microrganismi. La spora è estremamente resistente, come tutte le spore.
Tetano: contagio
Le spore di Clostridium tetani sono normalmente presenti nel terreno; non a caso, le persone maggiormente esposte a rischio di infezione sono i lavoratori delle zone rurali.
La spora penetra attraverso soluzioni di continuo determinate da traumi, ferite, lesioni ecc., e la ritroviamo nel punto di ingresso.
La forma di tetano che si ritrova più frequentemente in Italia è dovuta a ferite o traumi e si parla di tetano traumatico, mentre altre forme, come il tetano post-partum, post-aborto, postintervento chirurgico, sono più diffuse in altri Paesi, favorite da climi tropicali e bassi livelli igienico-sanitari.
Affinché la spora, nel punto di ingresso, si trasformi nella forma vegetativa, è necessaria l’assenza di ossigeno, per cui saranno favorite le ferite lacero-contuse, sporche di terriccio, necrotiche, o dove siano presenti altri batteri che, abbassando la tensione di ossigeno, abbiano funzione favorente essi stessi sulla germinazione della spora.
Le spore del tetano sono estremamente diffuse nel terreno e i casi di malattia che si verificano sono molto inferiori rispetto al grado di diffusione del microrganismo nell’ambiente. La spora, infatti, una volta penetrata, ha due possibilità:
- o viene fagocitata e quindi distrutta;
- o rimane latente nel punto di ingresso.
Dobbiamo supporre perciò che il numero di spore che si trasforma in forma vegetativa è percentualmente inferiore al numero di quelle che vengono fagocitate.
La latenza nel punto di ingresso, invece, condiziona in un certo senso il tempo di incubazione (che dura circa 4-15 giorni, ma può spaziare da poche ore ad alcune settimane), poiché, per traumi successivi, una spora può trasformarsi in forma vegetativa anche a distanza di mesi.
La forma vegetativa resta anch’essa localizzata nel punto di lesione, non va in circolo e comincia in loco la produzione della tossina.
Tetano: sintomi
Il tetano esordisce con malessere, cefalea, febbre, cioè è inizialmente aspecifico; segue l’irrigidimento dei muscoli masticatori, faringei e del collo; vengono poi spasmi muscolari ai muscoli masticatori (trisma), alla muscolatura mimica (si ha il cosiddetto “riso sardonico”), a quella faringea, con difficoltà nella deglutizione.
Vengono poi interessati progressivamente da questi spasmi il collo, il dorso e gli arti, per cui si parla di tetano discendente (negli animali la progressione di sintomi è inversa, cioè ascendente).
La fase più grave è quella finale, caratterizzata da accessi tonici che interessano particolarmente la muscolatura dapprima faringea e poi respiratoria in generale.
Questi accessi, nella fase finale, possono essere provocati anche da stimoli di lievissima entità (anche per questo motivo si isola il paziente). La temperatura può salire anche a 42-43 °C in questa fase.
Se il paziente non muore e supera questa fase della malattia, gli accessi tonici cominciano a diminuire e si passa alla fase di convalescenza, che è molto lenta e può durare un mese o più. La letalità è ancora elevata (40%- 60%) e può essere anche superiore se la ferita è in sedi particolari, come viso, bocca, testa, arti, che sono zone riccamente innervate e facilitano una più breve incubazione.
Oltre che in funzione della sede di localizzazione della ferita, la letalità può essere in funzione anche della profondità della ferita stessa e della molteplicità delle lesioni (fattore più importante, questo, per la rabbia).
Tetano: trattamento (linee guida OMS)
Misure generali: se possibile ai pazienti affetti da tetano dovrebbe essere riservato il ricovero in un reparto o in un ambiente separato. I pazienti devono essere collocati in una zona tranquilla, oscurata e protetta da stimoli tattili e uditivi quanto più possibile. Tutte le ferite devono essere pulite e sbrigliate come indicato.
Immunoterapia: se disponibile, somministrare TIG umane 500 unità per iniezione intramuscolare o per via endovenosa (a seconda della preparazione disponibile) il più presto possibile. Inoltre, somministrare vaccino con TT nella formulazione appropriata all’età, 0.5cc con iniezione intramuscolare in un sito diverso. Il tetano non induce immunità. I pazienti non sottoposti precedentemente a vaccinazione con TT dovrebbero ricevere una seconda dose a 1-2 mesi dopo la prima dose e una terza dose dopo 6-12 mesi.
Il trattamento antibiotico: il farmaco di scelta è il metronidazolo (500 mg ogni sei ore per via endovenosa o per bocca). Penicillina G (100.000-200.000 UI/kg/die per via endovenosa, somministrato in 2-4 dosi frazionate). Sono efficaci anche tetracicline, macrolidi, clindamicina, cefalosporine e cloramfenicolo.
Controllo degli spasmi muscolari: le benzodiazepine sono da preferire. Per gli adulti può essere somministrato diazepam endovenoso con incrementi di 5 mg o lorazepam con incrementi di 2 mg fino a raggiungere il controllo degli spasmi senza sedazione eccessiva e ipoventilazione (per i bambini iniziare con dosi di 0,1-0,2 mg/kg ogni 2-6 ore, aumentando se necessario). Possono essere richieste grandi quantità (fino a 600 mg/die). Possono essere utilizzati preparati orali, ma devono essere accompagnati da un attento monitoraggio al fine di evitare depressione o arresto respiratorio.
Il magnesio solfato può essere utilizzato da solo o in associazione con benzodiazepine per controllare lo spasmo e la disfunzione autonomica: 5 g (o 75 mg/kg) è la dose di carico per via endovenosa, quindi 2-3 grammi ogni ora fino al raggiungimento del controllo degli spasmi. Per evitare il sovradosaggio, monitorare il riflesso rotuleo per areflessia (assenza di riflesso rotuleo) che si manifesta all’estremo superiore del range terapeutico (4 mmol/L). Se l’areflessia si sviluppa, la dose deve essere ridotta.
Altri farmaci utilizzati per il controllo degli spasmi comprendono baclofen, dantrolene (1-2 mg/kg per via endovenosa o per bocca ogni 4 ore), barbiturici, preferibilmente a breve durata d’azione (100-150 mg ogni 1-4 ore nell’adulto e 6-10 mg/kg nel bambino, per tutte le vie di somministrazione), e clorpromazina (50-150 mg per via intramuscolare ogni 4-8 ore nei pazienti adulti; 4-12 mg mediante iniezione intramuscolare ogni 4-8 ore nei bambini).
Controllo della disfunzione autonomica: solfato di magnesio come sopra, o morfina. Nota: beta-bloccanti come il propranololo sono stati utilizzati in passato ma possono causare ipotensione e morte improvvisa. Attualmente è raccomandato solo l’esmololo.
Vie aeree e controllo del respiro: i farmaci utilizzati per controllare gli spasmi e fornire sedazione possono portare a depressione respiratoria. Questo è un problema minore se la ventilazione meccanica è disponibile, in caso contrario i pazienti devono essere attentamente monitorati e le dosi di farmaci adeguati per ottenere il massimo controllo sugli spasmi e la disfunzione autonomica evitando l’insufficienza respiratoria. Se la contrattura, compreso lo spasmo laringeo, è difficile da trattare o addirittura minaccia una ventilazione adeguata, quando possibile è raccomandata la ventilazione meccanica. La tracheostomia precoce è preferita rispetto ai tubi endotracheali, che possono provocare spasmi e peggiorare la compromissione delle vie respiratorie.
I fluidi e la nutrizione devono essere assicurati in misura adeguata a causa dell’elevato metabolismo e dello stato catabolico risultato dagli spasmi tetanici. Il supporto nutrizionale aumenterà le possibilità di sopravvivenza.
Prima della disponibilità di un vaccino e della ventilazione meccanica (durante gli anni 1920-’30), l’attento monitoraggio e l’assistenza infermieristica hanno migliorato la sopravvivenza. Se i pazienti possono essere seguiti da una a due settimane per la contrattura e le altre complicazioni, le possibilità di recupero completo aumentano notevolmente, in particolare nei pazienti non anziani e precedentemente in buona salute.
Tetano: vaccino antitetanico
Anatossina tetanica = Esotossina inattivata con formolo e calore a 370 °C. Può essere in forma: solida; liquida.
Le somministrazioni del vaccino solido sono tre: le prime due a distanza di 4- 6 settimane e la terza dopo 6-12 mesi. Nel vaccino solido per i bambini, nella vaccinazione obbligatoria (associato a quello antidifterico), si indica con vaccinazione primaria l’insieme delle prime due somministrazioni (distanziate di 4-6 settimane), e con vaccinazione di base la terza somministrazione (6- 12 mesi dopo la seconda).
La forma liquida è meno immunogena e le somministrazioni sono quattro: le prime tre a distanza di 2-3 settimane, e la quarta a distanza di un anno. Questa preparazione è adatta ai bambini in associazione alle vaccinazioni antidifterica e antipertosse. Nelle persone non immunizzate, è bene operare con siero-e-vaccino-profilassi, con inoculazioni in sedi diverse.
La vaccinazione è obbligatoria:
- per tutti i bambini (nel primo anno di vita);
- per tutte le persone altamente esposte a rischio (lavoratori delle zone rurali, militari, ecc.).
Tutte le ferite, soprattutto quelle lacero-contuse, con penetrazione di terriccio (conseguenza di cadute, incidenti in motorino, ferite con vari oggetti appuntiti o taglienti) vanno lavate accuratamente e disinfettate, perché le spore del tetano possono penetrare all’interno della ferita; se non si è vaccinati è opportuno inoltre ricorrere ad una profilassi con siero o immunoglobuline umane.
(Fonte: Igiene e cultura medico-sanitaria; Barbone, Castiello, Alborino; Franco Lucisano Editore)
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