La parotite epidemica, più conosciuta con il nome popolare di “orecchioni”, è una malattia infettiva causata da un virus che si trasmette per via aerea. Il virus causa un’infiammazione e una tumefazione di una o di entrambe le ghiandole salivari (parotidi), poste in basso dietro l’orecchio.
La malattia è molto contagiosa; l’infezione viene in genere trasmessa per via respiratoria (goccioline di saliva). Il contagio diretto con oggetti contaminati è raro.
La malattia è contagiosa nei 6 giorni che precedono la comparsa dei sintomi e per i nove giorni successivi. Se si è stati contagiati in precedenza, si è immuni in modo permanente.
Parotite: sintomi
La durata della malattia è di circa 2 settimane. Il segno più evidente della malattia è il rigonfiamento delle ghiandole parotidi. I sintomi sono cefalea, febbre, malessere, dolori al collo e sotto le orecchie, dolore alla masticazione, a volte dolore addominale.
Possibili complicazioni sono: encefaliti (0,02-0,3%; porta raramente alla morte ma può avere conseguenze gravi come paralisi, epilessia, idrocefalia, ecc.); meningiti (0,5-15%), pancreatite (4%), danni all’udito; orchite (più frequente dopo la pubertà); ovarite (5% delle donne adulte); ooforite e mastite (relativamente rare e senza conseguenze durature).
Proprio per la possibile comparsa di complicazioni durante il decorso della malattia, è essenziale avvisare subito il medico in caso di insorgenza di sintomi nuovi, come cefalea, dolore addominale, vomito, alterazioni dello stato di vigilanza.
Parotite: trattamento
La diagnosi viene effettuata dal medico, e va sempre confermata con appropriati esami di laboratorio (ricerca di anticorpi specifici nel sangue).
Come per molte malattie virali non esistono medicinali specifici capaci di contrastarle.
Il trattamento è esclusivamente sintomatico, e consiste nella somministrazione di analgesici, per la terapia del dolore generato dall’infiammazione, e di antipiretici, per controllare la febbre. Può essere opportuno evitare l’assunzione di alimenti dal sapore forte che, stimolando la salivazione, accrescono il dolore. Un regime dietetico semiliquido può aiutare ad alleviare il dolore associato alla masticazione. Si possono assumere farmaci a base di Paracetamolo.
In Italia, per motivi di sorveglianza epidemiologica, è previsto l’isolamento obbligatorio del paziente fino alla guarigione, e la denuncia obbligatoria da parte del medico all’ufficio igiene dell’ASL competente.
Parotite: vaccinazione
Oltre al rispetto delle buone norme igieniche, l’arma migliore contro la malattia è la vaccinazione. Il vaccino contiene virus vivi attenuati, capaci di indurre l’immunizzazione attraverso infezione subclinica e non contagiosa, che induce anticorpi in oltre il 95% dei soggetti.
In Italia il vaccino viene somministrato in due dosi, a una distanza di almeno 28 giorni l’una dall’altra, in combinazione con i vaccini per morbillo e rosolia (MPR). Nei bambini la prima dose viene effettuata a partire dal secondo anno di vita e comunque entro i 15 mesi d’età. La seconda viene oggi effettuata a 5-6 anni, contemporaneamente al richiamo di vaccino Dtap (difterite-tetano-pertosse acellulare).
La vaccinazione è raccomandata in tutti i bambini tra il 12° e il 15° mese di vita, negli adolescenti e nei giovani adulti non immuni; la vaccinazione, se eseguita entro 72 ore in persone non immuni venute a contatto con malati di morbillo può prevenire lo sviluppo della malattia.
La vaccinazione va rimandata in caso di malattie acute in atto febbrili ed è controindicata in caso di precedenti reazioni allergiche di tipo anafilattico al vaccino o ad uno dei suoi componenti, in caso di gravidanza della ricevente o di alterazioni del sistema immunitario con immunodeficienza. Dopo vaccinazione MPR o R in una donna in età fertile, è bene rimandare l’inizio di un’eventuale gravidanza per almeno tre mesi ma bastano 30 giorni se non è stata eseguita la componente anti-rubeola.
Effetti collaterali attribuiti al vaccino contro la parotite sono rari. Sono state registrate lievi infiammazioni nel punto dell’iniezione, modeste eruzioni cutanee (1 bambino su 20), febbre da lieve a moderata (5-15%), ingrossamento dei linfonodi, gonfiore delle articolazioni, gonfiore delle ghiandole salivari e linfonodi (1-2%).
Questi inconvenienti si verificano in genere da 5 a 12 giorni dopo la vaccinazione e possono durare qualche giorno. Molti bambini sono già protetti dopo la prima dose, perciò le reazioni molto meno frequenti quando si esegue la dose di richiamo. In 3 bambini ogni 10 mila si possono osservare convulsioni febbrili.
Raramente (3 bambini ogni 100 mila) si può avere riduzione delle piastrine nel sangue (trombocitopenia), con possibili emorragie di lieve entità e durata. Eccezionalmente (meno di 1 caso su 1 milione), si possono avere reazioni allergiche di tipo anafilattico con gonfiore della bocca, pressione bassa, difficoltà del respiro e shock.
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