La malaria è una malattia infettiva causata da un protozoo, un microrganismo parassita del genere Plasmodium, che si trasmette all’uomo attraverso la puntura di zanzare del genere Anopheles. Le zanzare infette sono dette “vettori della malaria” e pungono principalmente tra il tramonto e l’alba.
La malaria costituisce un enorme problema sanitario mondiale ed è la principale causa di morbilità e mortalità in numerose nazioni. In Italia è scomparsa a partire dagli anni ’50 e i casi di malattia che si verificano, comunque, ogni anno nel nostro paese sono legati soprattutto ai turisti che rientrano da paesi malarici e all’immigrazione da tali paesi.
Esistono quattro specie di parassiti che causano la malaria negli esseri umani:
- Plasmodium falciparum, responsabile della malaria maligna o terzana
- Plasmodium vivax, responsabile della terzana benigna
- Plasmodium ovale, che provoca una forma simile di malaria terzana benigna
- Plasmodium malariae, responsabile di una forma di malaria definita “quartana” a causa della caratteristica periodicità con cui si presenta la febbre
Il Plasmodium falciparum e il Plasmodium vivax sono i più comuni. Il Plasmodium falciparum è il più letale. Nelle zone endemiche non sono rare infezioni “miste”, con contemporanea presenza di plasmodi di tipi diversi.
Si sono anche verificati casi di malaria umana dovuti al Plasmodium knowlesi, una specie che causa la malaria nelle scimmie ed è localizzata in alcune aree forestali del Sud-est asiatico.
Nella maggior parte dei casi si mantiene un equilibrio tra infezione e risposta immunitaria. Nelle infezioni da P.falciparum l’equilibrio è precario: la malattia può precipitare in qualsiasi momento e la parassitemia aumentare in modo incontrollabile, provocando una disfunzione multiorgano (MOF, “multi-organ failure”), o una subacuta progressiva emolisi intravascolare. In entrambi i casi si può avere la morte. La mortalità in un paziente non-immune e non trattato può arrivare fino al 20%.
Malaria: sintomi
La malaria può presentarsi con sintomatologia variabile e aspecifica: nella maggior parte dei casi si presenta con febbre accompagnata da altri sintomi quali brividi, mal di testa, mal di schiena, sudorazione profusa, dolori muscolari, nausea, vomito, diarrea, tosse. I primi sintomi possono essere lievi e difficili da attribuire alla malaria.
Se non viene trattata entro 24 ore, la malaria da Plasmodium falciparum può evolvere in una malattia grave, che in molti casi porta alla morte. I bambini affetti da malaria grave sviluppano spesso uno o più dei seguenti sintomi: anemia grave, sofferenza respiratoria in relazione ad acidosi metabolica, malaria celebrale. Negli adulti è inoltre frequente il coinvolgimento di organi multipli. Nelle aree endemiche per la malaria, le persone possono sviluppare un’immunità parziale, che rende possibile l’insorgenza di infezioni asintomatiche.
Sia per il Plasmodium vivax che per il Plasmodium ovale si possono verificare recidive a distanza di settimane o mesi dalla prima infezione, anche se il paziente ha lasciato l’area malarica. Tali nuovi episodi derivano da forme quiescenti localizzate nel fegato e conosciute sotto il nome di ipnozoiti (assenti nel Plasmodium falciparum e nel Plasmodium malariae); per una completa guarigione è necessario un trattamento speciale – mirato a tali stadi epatici della malattia.
Complicanze
Le infezioni da Plasmodium falciparum (la specie di plasmodi responsabile della forma più grave di malaria, anche definita terzana maligna) non curate possono complicarsi con insufficienza renale, edema polmonare, coma e progredire fino al decesso.
Sia per il Plasmodium vivax che per il Plasmodium ovale si possono verificare recidive a distanza di settimane o mesi dalla prima infezione, anche se il paziente ha lasciato l’area malarica.
Malaria: diagnosi
La malaria può essere sospettata in base all’anamnesi di viaggio del paziente, ai sintomi e ai riscontri della visita clinica. Per formulare una diagnosi definitiva sono tuttavia necessari test di laboratorio che confermino la presenza del parassita o di suoi componenti.
Le tecniche diagnostiche si distinguono in metodi diretti e indiretti. Tra i primi abbiamo il metodo microscopico, il metodo QBC, i test immunocromatografici e quelli molecolari. Tra i metodi indiretti, troviamo i test immunologici.
Il Gold Standard è il metodo microscopico, cioè l’osservazione diretta (al microscopio) di una goccia di sangue, prelevata tramite puntura del dito durante e poco dopo il rialzo febbrile, per la ricerca dei plasmodi presenti. E’ un metodo semplice che, se affidato a personale esperto, fornisce le informazioni essenziali, consentendo una diagnosi corretta e tempestiva della specie in causa, indirizzando la scelta terapeutica e la prognosi.
Metodo QBC: l’acronimo significa Quantitative Buffy Coat: utilizza un colorante biologico e l’osservazione viene fatta con un microscopio a fluorescenza. Ha una grande sensibilità ma richiede un’attrezzatura specifica.
I test immunologici (immunocromatografici) sono in grado di fornire un risultato in 2-15 minuti. Questi test diagnostici rapidi rappresentano un’utile alternativa alla microscopia laddove la diagnosi microscopica non risulta affidabile.
Malaria: terapia
I plasmodi sono diventati fortemente resistenti a quasi tutti i farmaci che sono stati prodotti per combatterli, così come a numerosi insetticidi utilizzati per disinfestare le zone malariche. La resistenza alla clorochina, l’antimalarico meno costoso e più diffuso, è ormai comune in tutta l’Africa sudorientale. In queste stesse zone si è ormai affermata una forma di resistenza anche a un altro farmaco, alternativo alla clorochina e altrettanto economico, la sulfadossina-pirimetamina.
Molti Paesi sono così costretti a utilizzare nuove combinazioni di farmaci molto più costosi. Una rapida risposta all’insorgenza, con trattamento farmacologico con i farmaci più recentemente sviluppati e dati in combinazione, in alternativa alle monoterapie tradizionali, può ridurre significativamente il numero di morti.
L’uso esteso e poco controllato di terapie a base di chinolina e di antifolati ha contribuito ad aumentare lo sviluppo delle resistenze. Nell’ultima decade, un nuovo gruppo di antimalarici, diversi composti combinati dell’artemisinina (ATCs), stanno dando ottimi risultati terapeutici anche nell’arco di una settimana, con riduzione della presenza di plasmodio e quindi della sua capacità di trasmissione e miglioramento dei sintomi della malaria.
Malaria: prevenzione
La malaria è scomparsa dal nostro Paese a partire dagli anni ’50. I casi di malaria attualmente registrati in Italia sono “di importazione”, sono cioè casi di malaria contratti all’estero, in zone malariche, da viaggiatori internazionali. Il rischio di contrarre la malaria per chi si rechi all’estero può essere minimizzato ricorrendo a una attenta combinazione di misure di prevenzione comportamentale e di misure di prevenzione basate sull’assunzione di farmaci adatti.
L’adozione di misure di protezione personale, che da sole garantiscono un certo grado di protezione riducendo il rischio di contrarre la malattia anche fino a 10 volte, comprendono l’uso di zanzariere, l’impiego di repellenti cutanei ed ambientali e di indumenti adatti.
Profilassi comportamentale
A causa delle abitudini notturne delle zanzare anofele, il rischio di trasmissione della malaria si manifesta principalmente nel periodo che va dal tramonto all’alba.
Pertanto, per difendersi dalle punture di zanzare si consiglia di:
- Evitare, se possibile, di soggiornare all’aperto nelle ore in cui le zanzare anofele sono attive.
- Indossare abiti di colore chiaro (i colori scuri e quelli accesi attirano gli insetti), con maniche lunghe e pantaloni lunghi che coprano la maggior parte del corpo.
- Applicare sulla cute esposta repellenti per insetti a base di DEET (N,N-dietil-n-toluamide), o di KBR (Icaridina), ripetendo, se necessario, ad esempio in caso di sudorazione intensa, l’applicazione come da etichetta (i repellenti di origine naturale, poi amplificati industrialmente, come il PMD (Citrodiol) o l’AMP (IR3535), possono rappresentare una valida alternativa ai precedenti in zone di basso rischio).
- Alloggiare preferibilmente in edifici ben costruiti e in buono stato di conservazione e che offrano sufficienti garanzie dal punto di vista igienico-sanitario.
- Dormire preferibilmente in stanze dotate di condizionatore d’aria ovvero, in mancanza di questo, di zanzariere alle finestre, verificando che queste siano in buono stato e ben chiuse.
- Se si trascorre la notte in ambienti privi delle suddette protezioni, si consiglia l’uso di zanzariere da letto, rimboccandone i margini sotto il materasso e controllando che nessuna zanzara sia rimasta imprigionata all’interno. Qualora necessario risulta molto utile impregnare le zanzariere con insetticidi a base di piretroidi.
- In assenza di zanzariere e d’impianti di aria condizionata nella struttura abitativa, spruzzare insetticidi a base di piretro o di suoi derivati nelle stanze di soggiorno e nelle stanze da letto, oppure usare diffusori di insetticida (operanti a corrente elettrica o a batterie, a piastrine o liquidi) che contengano derivati del piretro (ricordarsi di areare bene i locali prima di soggiornarvi). Nel caso si soggiornasse all’aperto dopo il tramonto, come ad esempio in verande, sotto porticati, in terrazze o giardini, possono essere utilizzate le spirali antizanzare (i cui comburenti emettono fumi che possono risultare tossici al chiuso) o altri presidi a fiamma libera, tenendo conto che tutti questi formulati tengono lontane le zanzare solo in un’area di pochi metri quadrati.
- Per il solo impiego professionale che imponga periodi notturni da trascorrere all’aperto (ad esempio militari), prodotti repellenti per gli insetti e insetticidi a base di permetrina possono essere spruzzati anche direttamente sugli abiti. La possibilità, soprattutto in bambini piccoli, di effetti indesiderati dei prodotti repellenti per gli insetti impone alcune precauzioni nel loro uso e una scrupolosa attenzione alle indicazioni contenute nei foglietti di accompagnamento.
In particolare, il prodotto repellente deve essere applicato sulle parti scoperte o sugli indumenti; non deve essere inalato o ingerito, o portato a contatto con gli occhi; non deve essere applicato su cute irritata o escoriata; deve essere evitata l’applicazione di prodotti ad alta concentrazione sui bambini; le superfici cutanee trattate vanno lavate immediatamente dopo il ritorno in ambienti chiusi o al manifestarsi di sintomi sospetti (prurito, infiammazione), per i quali è opportuno consultare immediatamente un medico.
Chemioprofilassi
Alle misure di profilassi comportamentale può essere associata la profilassi farmacologica che riduce ulteriormente il rischio d’infezione. Ad oggi non esiste un farmaco antimalarico che, a dosaggi diversi da quelli impiegati per la terapia, sia in grado di prevenire l’infezione malarica nel 100% dei casi e che sia del tutto esente da effetti indesiderati; inoltre, la resistenza dei plasmodi ai farmaci antimalarici è sempre più frequente e coinvolge già anche farmaci di impiego relativamente recente.
Nella scelta di un appropriato regime di profilassi antimalarica vanno considerati vari fattori:
- l’itinerario, la stagione e il tipo di viaggio (altitudine, passaggio in aree rurali o permanenza esclusivamente in zone urbane);
- il motivo del viaggio;
- la durata del viaggio; in caso di soggiorni di breve durata (inferiori alla settimana) o per permanenze in zone urbane, può essere sufficiente la sola profilassi comportamentale;
- il rischio di acquisizione di malaria da falciparum farmaco-resistente;
- le condizioni di salute del viaggiatore;
- precedenti reazioni allergiche a farmaci antimalarici;
- l’età; per i bambini il dosaggio deve essere basato sul peso corporeo.
I farmaci più usati per la chemioprofilassi.
- atovaquone-proguanileo doxiciclina – richiedono un’assunzione giornaliera. Il farmaco va iniziato 1-2 giorni prima dell’arrivo nella zona a rischio di malaria (o anche prima, se deve essere controllata la tollerabilità al farmaco prima della partenza)
- meflochina– il farmaco si assume una volta alla settimana. La terapia va iniziata almeno una settimana prima dell’arrivo in zona endemica. Alcuni esperti raccomandano di iniziare la profilassi 2-3 settimane
Gravidanza e allattamento
La malaria contratta nelle donne in gravidanza aumenta il rischio di parti prematuri, aborto, morte neonatale e morte della madre. Alle donne in gravidanza si consiglia di evitare di viaggiare verso aree endemiche per malaria. Se il viaggio non può essere rimandato, oltre alla scrupolosa applicazione di misure di protezione personale, il medico curante prescriverà la profilassi farmacologica adeguata al periodo della gravidanza e alla sensibilità dei plasmodi presenti nell’ area del viaggio. In caso di sospetta malaria in gravidanza è più che mai necessario cercare immediatamente una consulenza medica e cominciare un ciclo di terapia con farmaci antimalarici efficaci.
Nelle zone con esclusiva trasmissione di P. vivax, si può utilizzare clorochina per la profilassi. Nelle aree con trasmissione di P. falciparum, si può utilizzare meflochina. Alla luce del rischio di malaria per madre e feto si consiglia di evitare o rimandare viaggi verso zone con trasmissione di P. falciparum durante il primo trimestre di gravidanza; se non è possibile evitare o rimandare il viaggio, si devono adottare tutte le misure preventive possibili, compresa la profilassi con meflochina dove indicata.
La doxiciclina è controindicata in gravidanza per il rischio di effetti avversi sul feto quale colorazione permanente dei denti, displasie e inibizione dell’accrescimento osseo. I dati sulla sicurezza dell’atovaquone-proguanile in gravidanza sono limitati e questa combinazione, pertanto, non è raccomandata.
Le donne in età fertile possono effettuare la chemioprofilassi antimalarica con atovaquone-proguanile, con doxiciclina o con meflochina, avendo cura di evitare la gravidanza almeno per il periodo di durata dell’emivita del farmaco.
Per la meflochina, in caso di gravidanza non prevista, la chemioprofilassi antimalarica non va considerata un’indicazione per l’interruzione di gravidanza.
Relativamente all’allattamento i quantitativi di farmaci antimalarici che passano nel latte materno non sono considerati, alla luce delle attuali conoscenze, pericolosi per il lattante e sono insufficienti ad assicurare un’adeguata protezione nei confronti dell’infezione e pertanto, in caso di necessità, la chemioprofilassi antimalarica deve essere eseguita con i farmaci e ai dosaggi consigliati per l’età pediatrica.
Età pediatrica
I bambini sono ad alto rischio di contrarre la malaria, poiché possono ammalarsi rapidamente e in modo grave, pertanto, la febbre in un bambino di ritorno da un viaggio in una zona malarica deve essere sempre considerata sintomo di malaria, a meno che non sia possibile dimostrare il contrario.
Il viaggio in zone endemiche, particolarmente ove vi sia trasmissione di P. falciparum clorochino-resistente è sconsigliato per i bambini molto piccoli. Oltre alla protezione nei confronti delle zanzare, essi dovrebbero seguire un regime di chemioprofilassi appropriato, secondo le prescrizioni del medico.
Soggiorni prolungati
L’aderenza e la tollerabilità alla terapia sono aspetti importanti della chemioprofilassi per le persone che prevedono di soggiornare a lungo in zone endemiche. Queste persone dovrebbero attuare la chemioprofilassi nel periodo iniziale di adattamento e nelle stagioni di massima trasmissione. In caso di rischio malarico elevato si può considerare di prolungare l’assunzione del farmaco anche oltre i tempi prescritti, dopo aver accuratamente valutato i rischi-benefici della scelta.
Vaccini contro la malaria
Attualmente non esistono vaccini autorizzati contro la malaria o qualunque altro parassita umano.
(Fonte: Ministero della Salute)
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