Disturbo dipendente di personalità: chi soffre di questo disagio è bisognoso, sottomesso, indifeso, incapace di vivere autonomamente senza ricevere continue cure, approvazione da parte degli altri, rassicurazioni e supporto emotivo. Queste persone incontrano difficoltà nel prendere decisioni, importanti o banali, e preferiscono delegare ad altri le proprie responsabilità, dato che non sanno decidere nemmeno con chi stare, dove vivere, quale tipo di lavoro cercare, che abito indossare, cosa mangiare, dove e quando andare in vacanza, come spendere il denaro, come educare i figli.
Demandando agli altri anche le mansioni più semplici, queste persone evitano di assumersi le responsabilità minime richieste dall’età, perpetuando atteggiamenti infantili che creano dipendenza e senso di inadeguatezza. Sono incapaci di agire autonomamente, non si sentono in grado di affrontare le sfide della vita quotidiana. Per non creare troppe aspettative negli altri nascondono le proprie capacità, tendono a delegare i loro compiti; si limitano nelle possibilità di fare carriera sul lavoro perché rifiutano ruoli che richiedono capacità decisionali e responsabilità; le loro potenzialità rimangono sempre inespresse.
Chi soffre di questo disagio, si accontenta di una cerchia alquanto ristretta di relazioni sociali, ma evita a tutti i costi di rimanere isolato, perché da solo si sentirebbe profondamente a disagio e in ansia; limita le relazioni sociali alle poche persone dalle quali maggiormente dipende.
La fine di una relazione importante provoca sconvolgimenti in queste persone, la prima reazione è spesso quella di “attaccarsi” subito e indiscriminatamente a qualcun altro, scelta che può favorire l’incontro con persone sbagliate, che possono approfittarsi di questa debolezza.
Se ricevono critiche la loro autostima ne risente ancora di più, perché non fanno altro che confermare l’opinione già negativa che hanno di sé. Sono passivi, sottomessi, schivi e temono le separazioni più di ogni altra cosa; per non rischiare che la loro figura guida li abbandoni, hanno paura anche a esprimere un semplice dissenso alle affermazioni di questa. Sono pronti a fare cose spiacevoli e degradanti, a sopportare violenze e soprusi pur di avere qualcuno che si prenda cura di loro. Queste persone sono particolarmente abili nel comprendere la volontà e i piaceri dell’altro, perché cercano di fare stare bene il proprio partner anticipandone i desideri. Pensano che questo comportamento li renderà indispensabili all’altra persona e li salvaguarderà da possibili allontanamenti.
Quando si sentono soli, o quando non hanno una relazione stabile e significativa, lo stato mentale prevalente è uno stato di vuoto, spesso accompagnato da un umore depresso e da profonda tristezza.
Questi soggetti hanno dei desideri propri che, però, difficilmente riescono a riconoscere e, quindi, a perseguire; in alcuni casi possono essere consapevoli di avere uno scopo diverso da quello di un’altra persona o una loro preferenza, ma presentano grosse difficoltà nel mettere in atto dei comportamenti finalizzati al raggiungimento dei loro desideri, se non sono sostenuti dall’approvazione del partner o delle figure di riferimento.
Le relazioni sono, quindi, fondamentali per queste persone e quando percepiscono un senso di frustrazione (riconducibile al disequilibrio del rapporto), la paura che questo potrebbe essere il sintomo di qualcosa che incrina la relazione li spinge a rimuovere questi sentimenti e a tornare a soddisfare i desideri del partner.
Disturbo dipendente di personalità: criteri diagnostici (DSM 5)
Il disturbo di personalità (in generale) è un pattern abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Questo pattern si manifesta in due (o più) delle seguenti aeree: cognitività, affettività, funzionamento interpersonale, controllo degli impulsi.
Il pattern abituale risulta inflessibile e pervasivo in un’ampia varietà di situazioni personali e sociali e determina disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti. Il pattern è stabile e di lunga durata, e l’esordio può essere fatto risalire almeno all’adolescenza o alla prima età adulta.
Disturbo dipendente di personalità
Una necessità pervasiva ed eccessiva di essere accuditi, che determina comportamento sottomesso e dipendente e timore della separazione, che inizia entro la prima età adulta ed è presente in svariati contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:
- Ha difficoltà a prendere le decisioni quotidiane senza un’eccessiva quantità di consigli e rassicurazioni da parte degli altri.
- Ha bisogno che altri si assumano la responsabilità per la maggior parte dei settori della sua vita.
- Ha difficoltà a esprimere disaccordo verso gli altri per il timore di perdere supporto o approvazione.
- Ha difficoltà a iniziare progetti o a fare cose autonomamente (per una mancanza di fiducia nel proprio giudizio o nelle proprie capacità piuttosto che per mancanza di motivazione o di energia).
- Può giungere a qualsiasi cosa pur di ottenere accudimento e supporto da altri, fino al punto di offrirsi per compiti spiacevoli.
- Si sente a disagio o indifeso quando è solo a causa dell’esagerato timore di essere incapace di prendersi cura di sé.
- Quanto termina una relazione intima, cerca con urgenza un’altra relazione come fonte di accudimento e di supporto.
- Si preoccupa in modo non realistico di essere lasciato a prendersi cura di sé.
Disturbo dipendente di personalità: trattamento
Il terapeuta deve incoraggiare il paziente a un funzionamento autonomo e allo stesso tempo contenere le ansie che insorgono durante tale percorso fungendo da contenitore in grado di restituire un nome, un senso e un significato alle proprie emozioni. Bisogna anche accettare e contenere la rabbia e i sentimenti aggressivi del paziente per aiutare a rafforzare il senso di orgoglio per le proprie realizzazioni.
Si riconosce al paziente una capacità adattiva e delle risorse che egli ignora di possedere.
La terapia cognitivo-comportamentale pone l’attenzione su modelli di pensiero che in tale patologia sono disadattivi, le credenze che sono alla base di tale pensiero e sintomi o tratti che sono caratteristici del disturbo, come ad esempio l’incapacità di prendere decisioni di vita importanti o l’impossibilità di avviare percorsi che portino a chiudere rapporti che non si vogliono continuare.
Il terapeuta spesso viene investito di grande autorità, autorevolezza e potere, perché viene vissuto quasi come se fosse il sommo conoscitore di tutte le cose. Il terapeuta deve fare molta attenzione al proprio controtransfert: il bisogno di dipendenza può essere così elevato da creare nello psicologo un atteggiamento di rifiuto che tende ad allontanare e a non accogliere la richiesta del paziente, un vero bisogno di essere nutrito, curato e amato.
Roberto Gentile (contatti)
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